Il rischio del calderone

E FATE  ATTENZIONE AGLI SCOOP VINTAGE


L’inchiesta sui traffici della banda capitanata, secondo i magistrati, da Gennaro Mokbel, grazie all’interrogatorio di Pierfrancesco Guarguaglini, ad di Finmeccanica, ha ritrovato la via della prima pagina delle varie testate. E promette di restarci per un bel po’, perché è previsto l’interrogatorio di un altro big, il direttore generale della Holding Agostino Zappa (oltre ad altri collaboratori di Guarguaglini, tra cui Elio Borgogni, direttore delle relazioni esterne e il capo della sicurezza Bernardi) ma soprattutto perché, come accenna il Corriere della Sera , con le sue smentite su tutta la linea “Guarguaglini non avrebbe convinto gli inquirenti”.


Facile, perciò, prevedere che siano in arrivo documenti e “scoop” per lo più dal materiale probatorio, intercettazioni comprese, già a disposizione da mesi nell’ambito delle inchieste sulla gang. Una raccolta di scoop vintage, viene da dire, ripresentata come frutto di elementi nuovi di zecca. In realtà, di materiali per le rivelazione ce n’è già in abbondanza, a partire dalla Digint, l’anello di contatto tra i traffici planetari della banda e la holding.  Basti, a mo’ di esempio, citare uno stralcio dell’articolo pubblicato su L’Espresso del 28 febbraio scorso. “In piedi, davanti alla scrivania, c’è Gennaro Mokbel…  Davanti ci sono Marco Iannilli, Marco Toseroni, Aurelio Gionta e il futuro senatore della Repubblica Nicola Di Girolamo… Il gruppetto sta litigando perché un investimento fatto insieme a Finmeccanica non starebbe dando i frutti sperati. L’operazione finanziaria con Finmeccanica è effettuata attraverso una holding, la Rhuna Investment, e una controllata lussemburghese, la Hagal Capital Sa. Ma Mokbel è arrabbiato perché, dice, “sono cinque mesi (la conversazione è del febbraio 2008 n.d.r.) che abbiamo tirato fuori i soldi ma non abbiamo visto uno straccio di contratto”. Il piano, infatti, prevedeva che Finmeccanica dovesse assegnare ricche commesse alla Digint, ovvero, come si legge nei verbali dell’inchiesta del giugno 2008, il cuore del  “progetto imprenditoriale messo in piedi da Mokbel e dalla sua organizzazione per la buona riuscita dell’operazione finanziaria da realizzarsi con Finmeccanica”. Un progetto in cui la banda ha investito poco più di 8 milioni di euro in attesa che, dice ancora Mokbel, con “tutti i contratti dentro Digint, questa società acquisirà un certo valore, consistente, importante: noi vendiamo la nostra quota a Finmeccanica che è da quantificare in non so quante decine di milioni, giusto? Ma tu l’hai visto un contratto, l’hai visto?”. Già, l’affare segnava il passo, per la rabbia di Mokbel e soci non abituati ad aspettare, al punto che Di Girolamo, per calmare le acque, faceva notare: “ Abbiamo costruito questa holding, la Rhuna, per i crismi e secondo i dettami che avevamo concordato. Ed è quella che ci consentirà a tutti di fare il salto di qualità: è lo strumento più asettico e qualificato per partecipare a qualsiasi tavolo….attraverso ‘sta holding abbiamo fatto ‘sta operazione di Finmeccanica che è il fiore all’occhiello”.


Il “fiore all’occhiello” passa per la Financial Lincoln spa, ovvero una controllata della lussemburghese Hagal, controllata Rhuna, società di Singapore. E’ la scatola che porta alla Digint, la cui genesi è ricostruita sul “Sole 24 Ore”, a partire dalla costituzione della Digint srl il 28 maggio 2007.


Ma per avere ulteriori informazioni sul deal basta consultare i verbali dell’Antitrust, disponibili in rete, che in data 26 giugno del 2007 autorizza la cessione a Finmeccanica del 49% della società Digint “ attualmente controllata dalla società Financial Lincoln S.A. e attiva nella produzione e commercializzazione di software proprio su committenza e di terzi, nella locazione non finanziaria e di noleggio di software proprio e di terzi, nella gestione di corsi per la formazione del personale dipendente, nella gestione di centri e sistemi software, nella conversione, registrazione, elaborazione, bonifiche e controllo di dati ed archivi degli enti pubblici e/o privati. DIGINT S.r.l. svolge inoltre attività di progettazione e realizzazione di reti cablate, di commercializzazione, noleggio e locazione non finanziaria di prodotti hardware con relativa assistenza tecnica, nonché attività di erogazione di servizi alle aziende ed alle pubbliche amministrazioni nelle aree della supervisione e controllo di infrastrutture informatiche e di telecomunicazioni per la trasmissione di dati sia in ambito di reti cablate, che mediante l’utilizzo dello spettro elettromagnetico”. Una piccola società, cui viene ceduto sempre nel giugno 2008 , prima dell’operazione Finmeccanica, un ramo d’azienda di Ikon, la società creata da Fabio Ghioni, specializzata in spionaggio aziendale. “Da Finmeccanica fanno sapere – risulta in un articolo del Corriere della Sera – che Digint ha deciso di utilizzare le tecnologie solo per la sicurezza del gruppo: il fatturato, dal 2008 al 2009, è raddoppiato: 3,9 milioni di euro di cui solo 50.800, sostiene il gruppo, provenienti dall’esterno. Probabilmente una commessa ottenuta per la messa in sicurezza della Ferrari”.


Però, merita chiudere questa breve carrellata sugli scoop vintage con un articolo di Walter Galbiati apparso su Repubblica nello scorso gennaio, un mese prima che scoppiasse il caso della frode carosello, proposito del business delle intercettazioni. “Pare che si stia preparando il terreno per l’ingresso in grande stile di Finmeccanica … attraverso la Selex che dal 2007 ha un nuovo fiore all’occhiello (sic!, lo stessa espressione del Di Girolamo), la Digint srl, una piccola società con sede a Milano fondata nel 2000 da Fabio Ghioni, l’ex responsabile della sicurezza informatica di Telecom Italia e uno dei protagonisti dell’inchiesta sui dossier illegali costruiti sotto la gestione Tavaroli. Digint, quando si chiamava Ikon, è stata una delle prime società in Italia ad occuparsi di intercettazioni telematiche. Finmeccanica ne ha rilevato il 49% pagandola due milioni di euro, mentre il restante 51% è rimasto in mano ad una holding lussemburghese, la Financial Lincoln SA”.


Insomma, l’indagine esplosa con clamore in questi giorni sui giornali viene da lontano. Certo, le  novità non mancano: gli interrogatori di personaggi Vip, l’arresto di Lorenzo Cola, in procinto secondo l’accusa di fuggire dall’Italia. Ma tanti fatti riaffiorano dalle soffitte con il rischio di sollevare polveroni, confondendo questo stralcio di inchiesta con le contestazioni a Silvio Scaglia e a Telecom Sparkle – Fastweb, vittime e non responsabili di questa frode ben congegnata che, come si evince dalle novità vecchie e nuove, serviva ad alimentare altre truffe milionarie. Guai a metter tutto in un solo calderone.


9 Commenti a “Il rischio del calderone”

  • [...] Inchiesta Mokbel. Il rischio del calderone E FATE  ATTENZIONE AGLI SCOOP VINTAGE L’inchiesta sui traffici della banda capitanata, secondo i magistrati, da Gennaro Mokbel, grazie all’interrogatorio di Pierfrancesco Guarguaglini, ad di Finmeccanica, ha ritrovato la via della prima pagina delle varie testate. blog: Silvio Scaglia | leggi l'articolo [...]

  • Bruno:

    Altro spazio e rilanci sulle malefatte di Morkbel, probabilmente il vero desu ex machina del tutto (e di tutto), colui che ben sapeva cosa stava facendo. Tralascio i vari collegamenti che arricchiscono questo “nuovo” caso. Se non che ogni tanto compare il collegamento all’altro “affaire”, cioè quello che sta a cuore a questo sito. Collegamento mai diretto, mai con prove reali: un aperitivo? una cena? una stretta di mano? una foto di quelle rubate accanto ai personaggi famosi per dire c’ero anche io ed a cui il personaggio famoso si presta disattento. Niente di niente. Neppure un pettegolezzo, una battuta salace e irriguardosa scambiata al telefono, un appuntamento fissato in qualche centro benessere, una escort di servizio che testimoni connivenze. Nada de nada. Cioè nonostante l’accostamento di fatti un po’ più provati (e pure inquietanti a livello di stato, lasciatemelo dire) è spesso “Quel Morkbel, lo stesso del caso Fastweb e Telecom Sparkle, sapete, quello dove Scaglia e altri sono stati arrestati”. Com’è che in Italia ogni tanto appaiano (e riappaiano) strani faccendieri dalle frequentazioni quanto meno bizzarre e, come dice il titolo di questo pezzo “entrino in un unico calderone”. Faccendieri che ben sanno cosa fanno, perchè protagonisti in prima fila.

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