Archivio di dicembre 2010

“Processo Carosello”: domani la quarta udienza


Al centro ancora le eccezioni preliminari: la “violazione” del diritto alla difesa e la “nullità” della richiesta del giudizio immediato



Si terrà domani, presso la Prima sezione penale del Tribunale di Roma, la quarta udienza (nonché ultimo appuntamento del 2010) del “Processo Carosello”. Dopo il rigetto delle istanze di costituzione di parte civile per Fastweb, TIS e Swisscom Italia, nonostante il parere favorevole della Procura, a tenere banco saranno ancora le eccezioni preliminari avanzate dai diversi collegi degli avvocati difensori.


In particolare quelle relative a due aspetti:


1) la “violazione del diritto di difesa”, sollevata da alcuni legali, poiché ad oggi non risulta ancora nella loro disponibilità la necessaria documentazione, compresa quella su supporto elettronico;

2) la “nullità” del decreto di rinvio a giudizio immediato.


Nel frattempo, il Presidente del collegio dei giudici, dottor Giuseppe Mezzofiore, ha comunicato il calendario delle prossime udienze, per un totale di 23, a partire dall’11 gennaio 2011 sino alla fine di marzo. Un calendario particolarmente fitto, motivato dal permanere dello stato di “custodia cautelare” cui sono sottoposti i 25 imputati.


Questo il calendario delle udienze:

  • Gennaio: 12, 17, 26, 28.
  • Febbraio: 1, 3, 16, 18, 23, 25, 28.
  • Marzo: 1, 3, 9, 10, 11, 16, 18, 25, 28, 29, 30, 31.


Il Sole 24 Ore: “Solo lo Stato parte civile al processo tlc”


Oggi sul quotidiano, la decisione presa ieri dai giudici di “rigettare le richieste di Fastweb, Tis e Swisscom Italia di essere ammesse come parti civili”. Sì, invece, all’Avvocatura di Stato


Non vi può essere “pretesa risarcitoria” da parte di Fastweb e Telecom Italia Sparkle per il motivo che tali società “in ultima analisi hanno posto la loro condotta non solo nell’interesse o a vantaggio degli enti medesimi, bensì nello specifico addirittura in concorso”. Così, in un articolo pubblicato quest’oggi sulla terza udienza del “Processo Carosello” tenuta ieri nel Tribunale di Roma, Monica D’Ascenzo sul Il Sole 24 Ore sintetizza la decisione dei giudici di rigettare l’istanza delle due società di tlc di essere ammesse come parti civili. Rigetto che ha riguardato anche Swisscom Italia, pur con motivazione diversa (la mancanza di “danno diretto”), mentre è stata accolta l’Avvocatura dello Stato.


Sulla decisione del collegio dei giudici – si legge ancora “Ha espresso soddisfazione la difesa di Silvio Scaglia, rappresentata da Antonio Fiorella e Pier Maria Corso, “perché il tribunale di Roma ha condiviso le richieste avanzate”.


Nell’udienza di ieri – continua l’articolo – altri legali degli imputati hanno presentato eccezioni per la violazione del diritto di difesa dal momento che una parte consistente della documentazione oltre a supporti, anche elettronici, non sono stati messi a disposizione o non erano concretamente utilizzabili, non consentendo quindi un’organizzazione completa della difesa”. Inoltre, altri legali difensori hanno “sollevato l’eccezione di nullità del decreto di rinvio a giudizio immediato”.


 

 

Anche il quotidiano Il Messaggero riporta la cronaca dell’udienza sottolineando come l’istanza delle società tlc sia stata “rigettata dai giudici della Prima sezione del Tribunale di Roma, nonostante il parere favorevole della Procura”.


Prossima udienza il 21 dicembre, quando dovrebbero concludersi le presentazioni delle eccezioni preliminari dei collegi di difesa. Eccezioni sulle quali i giudici si esprimeranno, probabilmente alla ripresa del processo l’11 gennaio.


Parti civili: ammessa solo l’Avvocatura dello Stato


Respinta invece per “inammissibilità” l’analoga richiesta di Fastweb e TIS. Esclusa anche, pur con diversa motivazione, Swisscom Italia


Le società Fastweb e Telecom Italia Sparkle non potranno costituirsi parti civili al “Processo Carosello” per ragioni di “inammissibilità”. La decisione è stata presa questa mattina nel corso della terza udienza dal Collegio della Prima Sezione del Tribunale Ordinario di Roma riunitosi per oltre due ore in Camera di Consiglio. Anche la richiesta avanzata da Swisscom Italia è stata respinta in assenza di “danno diretto”.


È stata invece ammessa l’Avvocatura dello Stato in rappresentanza delle Amministrazioni Pubbliche (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministro degli Interni, dell’Economia e Agenzia delle Entrate).


In sostanza, i giudici presieduti dal dottor Giuseppe Mezzofiore, hanno accolto le eccezioni delle difese degli imputati che sostenevano la “infondatezza” e la “carenza di legittimazione” della richiesta avanzata dalle tre società di tlc, poiché “indagate” per gli stessi reati in altro procedimento, seppur separato.


Oggi la terza udienza del Processo Carosello

La decisione dei giudici sulle parti civili e le prime eccezioni preliminari, in particolare sul decreto di “giudizio immediato” che diversi legali difensori ritengono “illegittimo”. Questi i due temi che dovrebbero tenere banco, salvo possibili sorprese.


Potrebbe essere la prima “sorpresa” del Processo Carosello. Nelle ultime ore, infatti, la questione relativa alla richiesta di Fastweb, Swisscom Italia e Telecom Italia Sparkle di essere ammesse come parti civili, registra qualche complicazione. Il motivo è il seguente: dopo le eccezioni a tale richiesta sollevate dai legali degli imputati (principalmente sui presupposti di “infondatezza” e “carenza di legittimazione”) gli avvocati delle tre società di tlc hanno depositato in tribunale delle ulteriori (corpose) memorie a sostegno della propria tesi.


Ma lo hanno fatto (ed è questo il punto), con argomentazioni che si possono definire “nuove”, non presenti cioè nella richiesta originaria. Da qui il delicato tecnicismo giuridico (in realtà pregno di sostanza): si tratta di argomentazioni di cui si può tenere conto oppure sono da considerare “fuori termine”, cioè frutto solo delle eccezioni sollevate? E, se è così, sono ammissibili? Anche perché gli avvocati degli imputati potrebbero, a questo punto, chiedere un secondo “termine a difesa”, ovvero il tempo di esaminare approfonditamente tali memorie, per presentare a loro volta nuove contro-argomentazioni.


Cosa succederà? Toccherà al collegio del giudici decidere. Quindi due ipotesi: 1) anche nella terza udienza troverà spazio il tema della ammissibilità o meno di alcune parti civili (questione che non dovrebbe riguardare anche le Amministrazioni Pubbliche); 2) i giudici potrebbe ritenere di essere già in grado di dirimere la materia, quindi comunicare l’ammissibilità o meno di alcuni soggetti già in apertura, e porre poi al centro dell’udienza altre questioni preliminari.


Questioni preliminari fra cui spicca certamente, in primo piano, lo stesso decreto di “giudizio immediato” alla base dell’attuale processo. Un rito richiesto (e ottenuto) dai pm, considerato però “illegittimo” da diversi legali difensori degli imputati, secondo i quali il dibattimento, in realtà, avrebbe dovuto svolgersi con rito ordinario, soprattutto per gli imputati che devono rispondere di presunto reato tributario, non privati quindi della loro libertà personale (cosa che invece è) essendo scaduti il 24 agosto scorso i termini della custodia cautelare.


Giustizia schizofrenica? Ci sono “gravi indizi”


Il caso Scaglia e la scarcerazione degli arrestati per gli scontri di Roma


Giustizia schizofrenica? Per Il Riformista (e non solo) ci sono “gravi indizi” in questa direzione, a giudicare dal comportamento dei giudici del tribunale di Roma, cioè gli stessi che lo scorso febbraio convalidarono l’arresto dell’imprenditore, da dieci mesi privato della libertà personale, per “la sussistenza di gravi indizi” ma ha scelto ben altro criterio di giudizio nel caso degli incidenti di Roma con un bilancio di un centinaio di feriti, tra cui più di quaranta poliziotti. In quest’ultimo caso, si legge nelle motivazioni, “sotto il profilo della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, appare necessario approfondire le posizioni individuali”. Perciò, secondo i giudici del Tribunale di Roma, per i manifestanti fermati durante gli scontri di martedì a Roma, “non si ravvisano esigenze cautelari, attesa l’eccezionalità dell’evento nel quale le condotte incriminate hanno trovato occasione di manifestarsi, la giovane età e lo stato di incensuratezza degli arrestati”.


Non sussiste nemmeno il rischio che “si possano ripetere simili atti di violenza”, come aveva ipotizzato il PM; solo in un caso su 23 sono stati concessi gli arresti domiciliari nonostante che la prossima manifestazione del 22 dicembre contro la riforma Gelmini (quel giorno in discussione in Parlamento) sia una ghiotta occasione per un’eventuale “reiterazione del reato”.


Insomma, ci sarebbe quasi da congratularsi, ironizza Il Giornale , per “questo sussulto garantista” di quegli stessi magistrati già criticati per opposte ragioni. “Il Tribunale di piazzale Clodio – continua l’articolo di Massimo de’ Manzoni – è lo stesso che ha lasciato per tre mesi in cella il fondatore di Fastweb Silvio Scaglia malgrado non sussistesse alcuna delle tre condizioni (pericolo di fuga, rischio di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato) previste dalla legge per la carcerazione preventiva. E quando poi l’ha tirato fuori dalla galera l’ha spedito agli arresti domiciliari, dove tuttora si trova da sette mesi. Ed è sempre quel tribunale che nel maggio scorso aveva tenuto in guardina per otto giorni un giovane accusato di violenza nei confronti di alcuni poliziotti nonostante un video dimostrasse al di là di ogni ragionevole dubbio che le violenze era stato lui a subirle”.





Certo, spiega Il Riformista, in materia di giustizia occorre valutare ogni singola situazione. Ma quando i criteri di valutazione, per giunta da parte degli stessi giudici, divergono in maniera clamorosa è proposito della libertà individuale, emerge il sospetto di trovarsi di fronte ad un’amministrazione della giustizia schizofrenica o parziale. “Sappiamo – commenta ancora Il Riformistache spesso la giustizia italiana ha disatteso in modo clamoroso i principi per cui nessun presunto innocente deve restare in galera tranne che ricorrano timori di fuga, possibilità di inquinare le prove o la reiterazione del reato”. In particolare, nel caso di Silvio Scaglia, “ci si chiede perché una persona che rientra dall’estero si consegna spontaneamente ai magistrati, dimostra la sua estraneità al management delle aziende che guidava ai tempi in cui si sarebbe consumato il reato deve scontare dieci mesi di arresti cautelari, per giunta non ancora finiti”.


Al contrario, si chiede Il Giornale, “era proprio scandaloso trattenere i fermati in custodia cautelare fino a mercoledì prossimo quando i guerriglieri annunciano che porteranno di nuovo in piazza la loro rabbia diffusa. In questo caso il rischio di reiterazione del reato è concreto, concretissimo”.  “Chi si è dimenticato in cella Scaglia e tanti altri come lui avrebbe in questo caso perso il sonno a causa dei rimorsi di coscienza?”.


No comment. Salvo ricordare, con amarezza, i “gravi indizi” a carico di Scaglia indicati nella convalida dell’arresto: l’aver acquistato (anni dopo i fatti contestati) una società in Cina: l’aver scelto (anche in questo caso ben dopo i fatti) Londra come residenza.



Da Il Foglio: la “Favola di Natale” di Vincino


C’è anche il libro bianco dedicato al “Caso Scaglia” nell’intervista a tutto campo che Vittorio Zincone dedica quest’oggi a Vincenzo Gallo, in arte Vincino, su Sette, il supplemento del Corriere della Sera. “La quarta di copertina – osserva in proposito Zincone – è un autoritratto, con didascalia: Disegnatore a difesa. Finalmente un futuro per la satira”.


Ed ecco come il “disegnatore a difesa” racconta su Il Foglio di oggi la sua favola di Natale.



Panorama Economy: “Non poteva sapere”


Sul supplemento di Panorama, diretto da Giorgio Mulè, un’ampia intervista a Sophie Nicolas Rossetti, moglie dell’ex direttore finanziario di Fastweb arrestato dieci mesi fa, che racconta l’odissea giudiziaria della sua famiglia: “La nostra vita è stata stravolta ed è venuta meno ogni certezza”. Ma ora confida che in aula si possa fare “chiarezza” sull’innocenza del marito


«È cambiato tutto, è un’esperienza che ci ha stravolto la vita. Di colpo, da una mattina all’altra, abbiamo perso tutti i nostri punti di riferimento». Parla così Sophie Nicolas Rossetti, moglie di Mario Rossetti, l’ex direttore finanziario di Fastweb finito nella “retata” dei manager della compagnia di tlc che secondo l’accusa dei PM “non potevano non sapere” delle truffe sotterranee organizzate anche con la complicità di alcuni dipendenti infedeli interni all’azienda. «Certo» – prosegue Sophie Nicolas – «adesso a distanza di mesi, posso anche dire che gli arresti domiciliari sono sicuramente meglio della carcerazione, ma restano sempre arresti, dove la privazione della libertà incide sulla vita di tutta la famiglia: nessuno può venirci a trovare e solo da pochi giorni abbiamo l’autorizzazione a ricevere i bambini amici dei miei figli di 10, 9 e 3 anni.  Poi mio marito da oltre sei mesi non può neanche uscire per una passeggiata, non ha nemmeno l’ora d’aria, e può comunicare solamente via lettera; personalmente, oltre alla quotidianità della famiglia, sto gestendo anche tutti gli aspetti legati all’inchiesta e, non ultimo, quello del sequestro dei beni che abbiamo subito. Questo perché, come misura preventiva, tutti i nostri averi famigliari sono stati sottoposti a custodia giudiziaria. Lo ripeto: la nostra vita è stata stravolta da un giorno all’altro, venendo meno ogni tipo di certezza».



I suoi figli le hanno fatto domande difficili sulla situazione del loro papà?

Ai due più grandi, pochi giorni dopo l’arresto di mio marito, quando ho capito che i tempi sarebbero stati lunghi, ho raccontato che il loro papà stava collaborando con i poliziotti per risolvere un grosso furto avvenuto qualche anno prima in Fastweb dove lavorava. Lui doveva quindi stare in caserma per aiutare il buon esito dell’inchiesta, e poi sarebbe tornato a casa. Così quando tornato ai “domiciliari”, dopo oltre tre mesi, i miei bambini erano pronti. Anche adesso continuano ad avere fiducia in quello che diciamo loro; sono quindi sereni e hanno sempre mantenuto, con grandi sacrifici da parte mia, la loro vita di scuola, sport e amici. Devo ringraziare la scuola Europa perché spontaneamente ha creato una rete di supporto sia nei confronti dei bambini che mia personale. Certo che vedere il loro papà sempre a casa ha fatto sorgere domande anche difficili su cosa stia succedendo. E quindi abbiamo dovuto parlare di giustizia, del rapporto fra lo stato, la comunità’ e il cittadino: i bambini oggi sono molto svegli e vogliono capire quello che succede intorno a loro; la famiglia e la scuola sono i luoghi dove possono trovare gli strumenti per capire.


Come vive il fatto che il 23 novembre scorso è iniziato il processo?

Intanto va detto che siamo solo all’inizio del dibattimento: c’è stata soltanto una udienza che si è aggiornata sulla costituzione delle parti civili. Comunque ha segnato la fine di un periodo di incertezza assoluta, dopo che per mesi ci siamo sentiti in balia di qualunque evento. Quando ci si trova in una condizione simile alla nostra non si vede l’ora che succeda qualcosa. Sono passati più di nove mesi dall’arresto di mio marito, e per tutto questo lunghissimo periodo non è stato possibile difendersi dalle accuse. Adesso almeno si è aperto uno spiraglio. La sfortuna di Mario non è stata soltanto quella di essere coinvolto in una vicenda assurda, perché come direttore finanziario di Fastweb “non poteva non sapere”, ma anche quella di ritrovarsi coinvolto in un procedimento di dimensioni eccezionali, sia per il numero di persone tirate in ballo che per la mole di documentazione.


Con quali effetti?

Almeno due: il primo è che non è stato possibile un approfondimento delle singole posizioni perché sino ad oggi si è valutata l’impostazione dell’inchiesta nel suo complesso; il secondo effetto è stato la dilatazione di tutti i tempi del procedimento. E ancora oggi non sappiamo quando finirà la sua privazione di libertà, nonostante i casi previsti dal codice penale per la carcerazione preventiva siano molto specifici e limitati.


A questo punto, nel pieno di questa esperienza, crede ancora nella giustizia?

Sì certo, credo ancora nella Giustizia con la maiuscola perché finito il clamore mediatico, le ragioni sostanziali, i fatti diventano prevalenti. Tutto questo mi ha portato a riflettere su come sia cambiata da febbraio ad oggi la mia percezione dello Stato, delle istituzioni che ho sempre pensato difendessero una famiglia come la mia e che invece hanno preso il controllo della nostra vita. Oltretutto io sono francese e il rapporto dei cittadini con la giustizia nel mio paese è sicuramente più sereno.


In Italia, invece?

Mi chiedo chi mai restituirà tutti questi mesi di vita alla mia famiglia e a mio marito in particolare, dove la vera violenza è stata isolarlo da tutto il mondo di relazioni, con l’eccezione del nucleo familiare stretto. Si figuri che anche per parlare o vedere i propri genitori è stata necessaria un’autorizzazione specifica. Spesso abbiamo parlato con Mario di come i tempi della giustizia siano diversi da quelli di una giornata della gente comune; tutto si dilata, diventa un tempo circolare, sembra che nessuno pensi a cosa significhi anche un giorno di più vissuto in uno stato di privazione della libertà.


Ora però si va in aula…

Il fatto che dai magistrati inquirenti sia stato chiesto e ottenuto il giudizio immediato, che dovrebbe essere un procedimento che garantisce agli imputati tempi brevi del procedimento in casi di responsabilità evidente, in realtà non ha comportato un’accelerazione dei tempi perché sono passati oltre 3 mesi dal 10 agosto senza che il processo sia ancora iniziato. Nei fatti, il venir meno dell’udienza preliminare ha determinato solo venir meno un grado di garanzia per gli imputati.  Ecco perché adesso guardo con un po’ più di speranza al fatto che il momento della chiarezza si stia avvicinando e finalmente verranno accertate, dove ci sono, le responsabilità dei singoli. Ma è solo la mia speranza. A volte temo che prima che si possa definitivamente scrivere la parola fine tutto a questo passerà ancora molto tempo, forse anni.


Fastweb parte civile? Un “nonsenso giuridico”

Secondo quanto sostenuto dai legali degli imputati nella seconda udienza la società non può essere considerata un soggetto danneggiato, essendo chiamata in causa dagli stessi PM come “ente sotto procedimento penale”, che avrebbe tratto “vantaggio” dal reato



Un “nonsenso giuridico”. È questa, in sintesi, la valutazione espressa dai legali difensori degli imputati nel corso della seconda udienza del “Processo Carosello”, a proposito della richiesta avanzata da Fastweb di potersi costituire “parte civile”. Fastweb infatti – sostengono i legali – non può essere considerato un qualsiasi soggetto “danneggiato”, ma al contrario “è un ente sotto procedimento penale”, sebbene separato. Ne consegue che in qualità di “responsabile dei reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio” non può pretendere di essere riconosciuto altrettanto come “soggetto danneggiato dal reato”.


Del resto, se per ipotesi la richiesta venisse accettata, emergerebbe tutto il paradosso: Fastweb si ritroverebbe contemporaneamente a rivestire due ruoli e a indossare due giacche, quella di chi accusa e quella di chi siede sul banco degli imputati.


Una argomentazione, quella dei legali, che trova il suo fondamento anche dalla lettura della richiesta di giudizio immediato avanzata (e ottenuta) dai magistrati inquirenti. Ad esempio, laddove Fastweb nel decreto viene qualificata dai PM come “soggetto responsabile per i reati commessi nel suo interesse e a suo vantaggio” e anche come soggetto “consapevole”. Dunque, se ad accusarla sono i PM come si può pensare che siedano nella stessa aula in qualità di “vittime da risarcire”.


Vi sono poi altre ragioni “pregnanti”, sempre secondo i legali, per escludere Fastweb come parte civile. Ad esempio, la società potrebbe in futuro, in sede di giudizio processuale, assumere la veste di “responsabile civile per il fatto degli imputati, persone fisiche che, parimenti, sono processati separatamente”. In sostanza, ove venisse accettata come parte civile, Fastweb avanzerebbe il diritto a formulare una “domanda risarcitoria nei confronti di persone che avrebbero cagionato danno alla società ma che, allo stato del processo (quale risulta dal decreto di giudizio immediato) si postula abbiano agito in rappresentanza della società, nell’interesse della società e con il vantaggio della società… ”. Dunque?


Va da sé che sarà poi il procedimento processuale ad evidenziare se e quali reati sono stati commessi, e da chi eventualmente sono stati commessi. Ma ad oggi, secondo quanto sostenuto dagli stessi magistrati inquirenti, Fastweb ne avrebbe ricavato “vantaggio” e non “danno”. E su questo la legge 231 (opinabile finché si vuole, ma ad oggi unico riferimento giuridico) chiarisce in modo esplicito che l’ente (cioè in questo caso Fastweb) è “responsabile per i reati commessi” e, in quanto tale “non può agire per il risarcimento di danni provocati”.


Il 18 dicembre la decisione dei giudici.


“Nessun danno per Swisscom Italia”

 

Secondo i legali presenti sabato in udienza, la richiesta di costituirsi parte civile è “infondata” e “carente di legittimazione”: la società conosceva perfettamente i rischi e li scontò in anticipo nel prezzo dell’Opa


Si può partire da un’informativa datata 24 febbraio 2010, dunque ben più recente dei presunti reati contestati nel “Processo Carosello” che risalgono al periodo 2003-2006. Un documento in cui Swisscom Italia ricostruisce, e quindi riconosce come proprie, tutte le informazioni di cui disponeva fin dal maggio-giugno 2007, quando venne lanciata l’Opa su Fastweb, rilevando l’82,02% delle azioni. Con un dettaglio, non irrilevante, da precisare in anticipo, sempre del 2007: la nomina, conseguente all’Opa, di un Cda di propria fiducia “di cui l’ing. Scaglia era un mero consigliere operativo, per non vincolarlo a una non concorrenza”, come riportato dai legali in una delle memorie che solleva “eccezioni” alla richiesta di Swisscom Italia di costituirsi parte civile nel procedimento.



Cosa sapeva dunque Swisscom Italia fin dalla primavera del 2007? Come si legge testualmente dall’informativa:


a)     Al momento dell’acquisizione “era a conoscenza del procedimento per presunta frode fiscale relativa al periodo 2003-2006”.

 

b)    Aveva proceduto con “due differenti perizie” per capire lo stato delle cose e cautelarsi prima di lanciare l’Opa.

 

c)     Inoltre, “l’impossibilità di esigere il rimborso dallo Stato in base alle conoscenze di allora, veniva considerato parte del rischio insito nell’offerta d’acquisto”.


In sostanza Swisscom Italia conosceva perfettamente (ed è la società stessa a dichiararlo), tutte le “possibili ricadute negative” legate a un’eventuale procedimento giudiziario. E infatti, tale rischio, se lo fece “pagare in anticipo” quando si trattò di determinare il prezzo dell’Offerta Pubblica che venne abbassato in considerazione dei potenziali rischi. Pertanto, sostengono i legali, “la richiesta di potersi costituire oggi parte civile è carente di legittimazione”. Inoltre, non è vero che la società sia stata “danneggiata dal reato”, avendo in sede di Opa “ammortizzato in anticipo l’eventuale danno, riconoscendo una remunerazione ridotta agli azionisti”.


La pretesa risarcitoria – aggiungono i legali – “risulta manifestamente infondata… innanzitutto perché mira a far valere non un danno da reato ma, semmai, una conseguenza (nota e accettata) da contratto; in secondo luogo, perché il risarcimento l’ha già avuto – e in anticipo – dagli azionisti aderenti all’Opa… ”.


A conferma, si può anche ricordare una recente intervista rilasciata alla Berner Zeitung da Carsten Schloter, presidente di Swisscom (nonché ex presidente di Fastweb fino al 9 novembre 2010), che così si esprime:


Domanda: “Le autorità italiane stanno effettuando accertamenti sul fondatore di Fastweb Silvio Scaglia e sull’ex Ad Stefano Parisi. Ha riscontrato qualche irregolarità durante la sua presidenza?”.


Schloter: “No, non mi sono mai trovato di fronte ad alcuna irregolarità”.


Domanda: “Com’è l’atmosfera tra i dipendenti della società, che sanno che è in corso un’indagine sul loro presidente?”.


Schloter: “I dipendenti sono fermamente convinti che il fondatore di Fastweb Silvio Scaglia e l’ex Ad Stefano Parisi sono estranei ai fatti. I problemi sono nati da due dipendenti che apparentemente hanno accettato mazzette e che sono stati licenziati all’inizio delle indagini nel febbraio scorso”.



Il 18 dicembre la decisione dei giudici.



“Richieste generiche e in difetto di legittimazione”

I difensori degli imputati nel “Processo Carosello” respingono le pretese di TIS, Fastweb, Swisscom Italia e di alcune Amministrazioni di costituirsi come “parti civili”. Il 18 dicembre la decisione del collegio dei giudici



Iniziata sabato scorso intorno alle 11.30 del mattino, in ritardo rispetto alla tabella di marcia prevista, la seconda udienza del “Processo Carosello” che vede coinvolto anche Silvio Scaglia è stata interamente dedicata alle “eccezioni” e alle contro-argomentazioni presentate dagli avvocati degli imputati (25 in totale) rispetto alle richieste di “costituzione di parte civile” avanzate da Fastweb, TI Sparkle e Swisscom Italia, oltre che dall’Avvocatura di Stato, in rappresentanza delle Amministrazioni pubbliche.







Al di là delle differenze, relative alle singole posizioni dei diversi imputati, i collegi dei difensori, nel contestare tali richieste, hanno insistito su tre argomenti principali: il profilo di “incompatibilità, il “difetto di legittimazione e quello di genericità”.


In dettaglio, secondo le difese:


1)      Il profilo di “incompatibilità” appare chiaro poiché Fastweb e Telecom Italia Sparkle, in particolare, risultano “indagate” in un procedimento, ora separato, per i medesimi fatti contestati alle persone fisiche. Dunque non possono pretendere di essere al tempo stesso “soggetti danneggiati del reato”.  Inoltre, la separazione del processo si è resa necessaria in seguito alla richiesta di giudizio immediato avanzata dai PM, che può esercitarsi solo nei confronti di persone fisiche in stato di custodia cautelare, e non di imprese. Ma ciò – è stato detto – non può giustificare la “doppia veste” che tali società pretenderebbero di assumere: e cioè quella di “imputati” in un’aula di tribunale, e “vittime” in un’altra aula, nell’idea che possano contemporaneamente partecipare al medesimo reato sia come “concorrenti”, sia come “danneggiati”.


2)      Il difetto di “legittimazione”, non disgiunto dal precedente, sottolinea l’infondatezza giuridica di tale richiesta. Laddove, ad esempio, si vorrebbe sostenere che le due società di tlc siano da considerarsi “estranee”, mentre nelle carte processuali vengono poste dai magistrati inquirenti nel ruolo di “parte attiva” e “consapevole”.


3)      Il profilo di “genericità” attiene invece al fatto, tra le altre cose, che ogni singola società non può pretendere di presentarsi come “parte civile” nei confronti di accusati verso i quali non ha mai avuto alcun rapporto. Un facile esempio: TI Sparkle non dovrebbe poter assumere questa veste nei confronti di imputati che lavoravano per Fastweb. E viceversa. Tale censura é stata rivolta anche nei confronti dell’atto presentato dall’Avvocatura di Stato.


Anche la richiesta avanzata da Swisscom Italia ha subito “eccezioni”. L’argomentazione, in questo caso, parte dalla data di costituzione della società, il 9 marzo 2007, in stretta e inscindibile relazione con l’Opa su Fastweb che verrà lanciata da lì a breve. Nello specifico, nel 2007 Swisscom Italia era “perfettamente a conoscenza della pendenza giudiziaria”, cosa che appare evidente dalle comunicazioni fornite per obbligo al pubblico degli azionisti. Non solo: ne era così consapevole da tenerne conto nel momento stesso in cui formulò il prezzo dell’Opa “evidentemente offrendo meno al mercato”. Ragione per cui la società non può dirsi “danneggiata dal reato”.


Il 18 dicembre è attesa la decisione del collegio dei giudici.

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“Questo Blog è dedicato alla figura di Silvio Scaglia, imprenditore ed innovatore, protagonista di start up (Omnitel, Fastweb, Babelgum) oggi impegnato in nuove sfide come il rilancio de La Perla, marchio storico del made in Italy. E' un luogo di informazione e di dibattito per tutti gli stakeholders (dipendenti, collaboratori, clienti) ma anche comuni cittadini che hanno seguito le vicende in cui Scaglia, innocente, si è trovato coinvolto fino alla piena assoluzione da parte della giustizia italiana.” - Stefania Valenti, Chief Executive Officer Elite World