Scaglia a giudizio immediato, pur senza “prova evidente” e nonostante siano scaduti i termini di custodia per presunto reato fiscale


È possibile in Italia tenere qualcuno agli arresti per presunto reato fiscale più di tre mesi? No, la legge lo vieta tassativamente. E non si tratta di materia soggetta ad interpretazione, basta un semplice calcolo matematico: tre mesi, poi va restituita la libertà personale. Ma non solo: in base all’art. 306 e commi seguenti la scarcerazione è automatica.


Questo è quanto riportano i codici di procedura penale. Tra questi si ricorda: “Nei casi in cui la custodia cautelare perde efficacia… il giudice dispone con ordinanza l’immediata liberazione della persona sottoposta alla misura” (PierMaria Corso). Franco Cordero cita: “scaduti i termini massimi, viene disposta l’immediata liberazione. Da notare come, a titolo perento, la custodia sia illegale: abbia o no provveduto il giudice, non esiste più un legalmente arrestato o detenuto; l’evasione, dunque, sarebbe lecita”.


Ma allora: come mai il gip  non ne ha tenuto conto? Perché si andrà al giudizio immediato per Scaglia e altri, quando la situazione imponeva il rito ordinario? Come mai per un altro imputato, Antonio Catanzariti, ex Telecom Sparkle, proprio con la motivazione che per “reato fiscale” sono scaduti i termini della custodia si andrà al rito ordinario? Perché due pesi e due misure (cautelari)?


Non si capisce. Se non (forse) per un dettaglio tecnico, privo però di spessore giuridico: il fatto che Catanzariti (ex responsabile “Carrier sales Italy” di Tis) ha ottenuto in data 1° agosto l’annullamento per decorso dei termini della custodia cautelare per i reati fiscali. Come era giusto, del resto. In pratica il gip Di Grazia (che fino al 6 agosto ha avuto tra le mani il fascicolo) ha riconosciuto che, trascorsi i tre mesi, Catanzariti non potesse più rimanere agli arresti per reato fiscale, mentre poteva rimanerci per il reato di “associazione”. E infatti è ancora detenuto a Rebibbia. Ma se Catanzariti, essendo ormai libero per reato fiscale, ha diritto al rito ordinario, perché la stessa cosa non vale per Scaglia e altri ex manager tlc?


Il risultato è che per Scaglia, a questo punto, oltre al danno di essere stato arrestato benché mancassero i tre presupposti (fuga, reiterazione e inquinamento probatorio) è arrivata pure la beffa: codice alla mano per il presunto reato fiscale è già un cittadino libero.


In conclusione: 1) Scaglia non andrà a giudizio immediato per la presenza della “prova evidente”; 2) Scaglia non dovrebbe andare a giudizio immediato per gli stessi, identici, uguali, motivi per i quali, secondo il parere del gip che ha firmato, non ci andrà un altro imputato. Per il quale ha infatti rigettato la richiesta dei pm romani.


27 Commenti a “Scaglia a giudizio immediato, pur senza “prova evidente” e nonostante siano scaduti i termini di custodia per presunto reato fiscale”

  • Renato:

    Metti insieme un diritto che “mena le mani”,un diritto imparato da Ponzio Pilato, un po’ di Kafka e condisci in un mare di tanta tantissima ignoranza. Il risultato è un codice di legge non scritto che si chiama “legge del menga”.

  • Cesare:

    Ma insomma, che attende il Guardasigilli a mandare l’ispezione reclamata a gran voce da alcuni coinquilini del nostro parlamento, democraticamente eletto a garanzia della libertà dei cittadini e del rispetto delle leggi?.

    • giovanni:

      Ma, soprattutto, cosa aspetta il Governo a mettere in cantiere ed approvare in Parlamento una riforma seria ed in linea con i principi generali della P.A. sulla responsabilità civile, amministrativa e contabile dei magistrati. Bruno ha ragione quando dice che questi signori possono infischiarsene del diritto (perfino di studiarlo!), guardando invece ai risultati mediatici delle loro gesta, perchè tanto i danni non li pagano mai. E’ l’esatto contrario di quel che avviene oggi nel resto della P.A.: l’impiegato che sbaglia, grazie alla 241/90, paga!

      • giovanni:

        Dal sito del CSM

        LA RESPONSABILITA’ CIVILE
        La responsabilità disciplinare consegue alla violazione dei doveri funzionali che il magistrato assume nei confronti dello Stato nel momento della nomina. Diversa ed ulteriore è la responsabilità civile che il magistrato assume, invece, nei confronti delle parti processuali o di altri soggetti a causa di eventuali errori o inosservanze compiute nell’esercizio delle sue
        funzioni.
        Tale ultima forma di responsabilità, analoga a quella di qualunque altro pubblico dipendente, trova il suo fondamento nell’art. 28 Cost.
        La materia, dopo gli esiti di una consultazione
        referendaria che ha importato l’abrogazione della previgente disciplina, fortemente limitativa dei casi di responsabilità civile del giudice, trova la sua attuale regolamentazione nella l. 13
        aprile 1988, n. 117.
        Sotto il profilo sostanziale, la legge afferma il principio della risarcibilità di qualunque danno ingiusto conseguente ad un comportamento, atto o provvedimento giudiziario posto in essere
        da un magistrato con «dolo» o «colpa grave» nell’esercizio delle sue funzioni ovvero conseguente «a diniego di giustizia» (art. 2).
        La legge, dopo avere puntualmente fornito le nozioni di «colpa grave» (art. 2, comma 3) e del «diniego di giustizia» (art. 3), chiarisce, comunque, che non possono dare luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove (art. 2, comma 2): sotto questo profilo, all’evidenza, la tutela delle parti è esclusivamente endoprocessuale, attraverso il ricorso al sistema delle impugnazioni del provvedimento giurisdizionale che si assume viziato.
        Ferma restando l’insindacabilità nel merito dell’attività giurisdizionale, può esservi eventualmente spazio per la responsabilità disciplinare del magistrato, laddove, secondo la
        costante giurisprudenza della Sezione disciplinare del C.S.M., ci si trovi in presenza di un’abnorme o macroscopica violazione di legge ovvero di un uso distorto della funzione giudiziaria.
        Sotto il profilo processuale, va segnalato che la responsabilità per il risarcimento dei danni grava sullo Stato, nei confronti del quale il danneggiato può agire (art. 4); in caso di
        affermazione della sua responsabilità lo Stato può rivalersi, a determinate condizioni, sul magistrato (art. 7). L’azione di responsabilità e il relativo procedimento soggiacciono a regole particolari: tra esse, le più significative riguardano la subordinazione della procedibilità dell’azione all’esperimento di tutti i mezzi ordinari d’impugnazione e degli altri rimedi per la modifica o la revoca del provvedimento che si assume causativo di danno ingiusto e la previsione di un termine di decadenza per l’esercizio di essa (art. 4); la delibazione dell’ammissibilità dell’azione, ai fini del controllo dei relativi presupposti, del rispetto dei termini e della valutazione della eventuale «manifesta infondatezza» (art. 5); la facoltà d’
        intervento del magistrato nel giudizio contro lo Stato (art. 6).
        Per garantire la trasparenza e l’imparzialità del giudizio, nel sistema è configurato lo spostamento della competenza a conoscere delle cause di che trattasi (artt. 4 e 8), onde evitare che possa essere chiamato a conoscerne un giudice dello stesso ufficio nel quale presta o ha prestato servizio il magistrato dalla cui attività si assume essere derivato un danno ingiusto. I criteri di individuazione del giudice competente sono stati modificati,con l. 2 dicembre 1998, n. 420, proprio per evitare qualsivoglia rischio di pregiudizio nella cognizione delle cause di che trattasi.

      • giovanni:

        Art. 8.
        Competenza per l’azione di rivalsa
        e misura della rivalsa
        1. L’azione di rivalsa deve essere promossa dal Presidente del
        Consiglio dei Ministri.
        2. L’azione di rivalsa deve essere proposta dinanzi al tribunale
        del luogo ove ha sede la corte d’appello del distretto piu’ vicino a
        quello in cui e’ compreso l’ufficio giudiziario al quale apparteneva,
        al momento del fatto, il magistrato che ha posto in essere il
        provvedimento, salvo che il magistrato sia venuto ad esercitare le
        funzioni in uno degli uffici di tale distretto. In tal caso e’
        competente il tribunale del luogo ove ha sede la corte d’appello di
        altro distretto piu’ vicino.
        3. La misura della rivalsa non puo’ superare una somma pari al
        terzo di una annualita’ dello stipendio, al netto delle trattenute
        fiscali, percepito dal magistrato al tempo in cui l’azione di
        risarcimento e’ proposta, anche se dal fatto e’ derivato danno a piu’
        persone e queste hanno agito con distinte azioni di responsabilita’.
        Tale limite non si applica al fatto commesso con dolo. L’esecuzione
        della rivalsa, quando viene effettuata mediante trattenuta sullo
        stipendio, non puo’ comportare complessivamente il pagamento per rate
        mensili in misura superiore al quinto dello stipendio netto.

        • giovanni:

          Insomma, ai sensi della LEGGE 13 aprile 1988, n. 117, di cui sopra ho riportato parte dell’articolo 8, questi signori possono anche combinare danni per centinaia e centinaia di milioni di euro, ma avranno sempre la certezza che:
          1) a pagare sarà lo Stato, ovvero noi, che poi, entro termini assai ristretti e senza potersi avvalere di eventuali transazioni con i danneggiati, potrà rivalersi verso di loro;
          2) il massimo della rivalsa non supererà mai un terzo della retribuzione annuale;
          3) il dovuto sarà rateizzato nei limiti del quinto dello stipendio, come se invece di rovinare la vita di uomini e la sorte delle aziende, i nostri negligenti magistrati si fossero comprati un’automobile a rate!
          Non c’è che dire, abbiamo e abbiamo avuto dei politici davvero lungimiranti e attenti ai nostri diritti di cittadini!

          • Bruno:

            Il principio del quinto dello stipendio è un principio universale e su questo non ci piove.
            Per il resto hai perfettamente ragione nelle tue conclusioni
            Mi è venuto un sorriso amaro nel leggere chi deve promuovere l’azione di rivalsa. E quando mai la farà? Ciò che riguarda gli altri in tema di gisutizia non lo riguarda.
            I filtri e i codicilli sprasi qui e là sono tali, da mettere sempre e comunque al riparo.
            Viene ammesso il concetto di interpretazione (che sappiamo non essere infallibile perchè è e resta un fatto soggettivo e spesso controverso anche nello stesso ambito , cioè tra gli stessi magistrati, ad es.) ma non viene ammesso, se non erro, che un’interpretazione sia un po’…palesemente pretestuosa

  • giovanni:

    Fermo il fatto che la d.ssa Paolicelli dinanzi a Morgigni fa comunque la figura del titano al cospetto del microbo, bisogna rendersi conto che, come tutti gli Avvocati non fanno mistero, l’Ufficio GIP, a Roma e non solo, oltre ad essere una sorta di refugium peccatorum, dicono che sia in questi casi pesantemente oggetto di “pressioni” da parte della Procura. Non so se ciò sia vero, ma quel che è evidente è l’incapacità di analizzare e smontare ab imis le assurdità motivazionali e le teratologie di rito che, quasi con spavalderia, la Procura ad ogni piè sospinto sciorina. I GIP dovrebbero avere il coraggio di dire alla Procura, quando ne ricorrano gli estremi, che un lavoro NON va, o che una richiesta è infondata. Altrimenti salta il sistema delle garanzie e, con esso, i diritti dei cittadini.
    Per il resto, a questo punto, se è vero quel che dicono gli avvocati dell’ing. Scaglia, non resta che la strada dell’impugnazione del provvedimento della d.ssa Paolicelli dinanzi alla Cassazione come atto abnorme…

    • Bruno:

      “”" ….Altrimenti salta il sistema delle garanzie e, con esso, i diritti dei cittadini…..”
      Il mio timore è che di ciò non sembra importare loro proprio nulla.
      Perchè?
      Semplicemente perchè non traggono alcuno svantaggio a non curare i diritti dei cittadini.:(
      Traggono piuttosto benefici (mediatici, il che poi apre a mille altri vantaggi, compresi quelli di carriera e notorietà) a stare sulle prime pagine dei giornali.
      Cosa non si fa per 15 minuti di celebrità!

  • Bruno:

    Ha appena dichiarato di fare il pompiere.
    Probabilmente ha percepito che molti vorrebbero alcuni al rogo!
    E che il 11, in quel caso, potrebbe non sentire bene la chiamata per disturbi di linea…telefonica

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“Questo Blog è dedicato alla figura di Silvio Scaglia, imprenditore ed innovatore, protagonista di start up (Omnitel, Fastweb, Babelgum) oggi impegnato in nuove sfide come il rilancio de La Perla, marchio storico del made in Italy. E' un luogo di informazione e di dibattito per tutti gli stakeholders (dipendenti, collaboratori, clienti) ma anche comuni cittadini che hanno seguito le vicende in cui Scaglia, innocente, si è trovato coinvolto fino alla piena assoluzione da parte della giustizia italiana.” - Stefania Valenti, Chief Executive Officer Elite World