Archivi per la categoria ‘Ultimi sviluppi’

2 novembre: cambio di giudici per Telecom Sparkle – Fastweb


Alle 9.30 di martedì prossimo il presidente della Quarta sezione, Carlo Costantini, comunicherà ai legali e agli imputati lo spostamento del processo alla Prima sezione presieduta dal dottor Mezzofiore


Sarà un’udienza del tutto pro forma, ma con qualche vantaggio burocratico, quella che si terrà il prossimo 2 novembre, a partire dalle 9.30, presso la Quarta sezione penale del Tribunale di Roma in relazione al processo Fastweb – Telecom Sparkle. Infatti al presidente Carlo Costantini, affiancato dai due giudici a latere, toccherà il compito di “ufficializzare” ai legali (e agli imputati eventualmente presenti) lo spostamento del processo stesso alla Prima sezione, presieduta dal dottor Giuseppe Mezzofiore. L’udienza, ancorché formale, si è resa necessaria per evitare altrimenti di dover notificare brevi manu a tutti i legali e a tutti gli imputati il cambio sopraggiunto, con ulteriore dispendio di tempo.


Va ricordato che lo spostamento si è reso necessario dopo che gli avvocati di Gennaro Mokbel hanno segnalato un “vizio di forma”, vale a dire l’obbligo del Tribunale di assegnare i fascicoli alla sezione abbinata al PM che per primo risultò assegnatario del processo, nello specifico la dottoressa Francesca Passaniti.


Sempre la mattina del 2 novembre verrà comunicata la data di inizio del processo, presumibilmente il 23 novembre. Anche se poi, con ogni probabilità, il dibattimento subirà un immediato stop e riprenderà soltanto a gennaio. Questo perché la Prima sezione è attualmente impegnata nelle fasi conclusive del processo Cirio, la cui sentenza è attesa entro Natale.


Infine, il 18 novembre dovrebbe tenersi davanti al GUP la prima udienza destinata a discutere i riti “abbreviati” e i patteggiamenti, per gli imputati che hanno deciso di rinunciare a difendersi in aula.


Fastweb ha sempre pagato l’IVA


Reato non facile da ricostruire, spesso la “frode carosello” raggiunge livelli di sofisticazione che richiedono anni di indagini per essere portati alla luce. E a dirlo è anche la Commissione Europea



La cosiddetta “frode carosello” è una tipologia di reato non facile da ricostruire, spesso assai complessa e sofisticata. A sostenerlo è la stessa Commissione Europea che se ne è occupata in diverse occasioni, riportando al Consiglio e al Parlamento UE. Laddove si parla, ad esempio, di regime transitorio per l’imposta a valore aggiunto “concepito in modo tale che le forniture di beni e servizi all’interno della Comunità tra soggetti d’imposta siano esenti nello stato membro d’origine e siano invece soggette alla tassazione nello stato membro di destinazione”. Più semplicemente, le norme europee sull’IVA stabiliscono che nelle cessioni intra (interne all’area comunitaria, ndr.) il venditore emette la fattura ma senza applicare l’imposta. Questo perché l’operazione “non è imponibile”.


Riconoscere una “frode carosello” diventa ancora più complicato se fra società che acquistano o cedono beni e/o servizi si interpongono ulteriori società “cuscinetto” (denominate “buffer”). Tutte questioni, va ribadito, al centro di riflessioni della stessa Commissione UE.


Nel caso di Fastweb va sottolineato (come illustra il grafico sotto) che l’azienda ha sempre pagato l’IVA, quindi non ha commesso alcuna evasione fiscale. Al contrario, era chi la incassava (e avrebbe dovuto versarla allo Stato italiano) che la occultava in una girandola di operazioni finanziarie.


Tale era poi il livello di “sofisticazione” della frode carosello al centro dell’inchiesta Telecom Sparkle – Fastweb che gli stessi magistrati inquirenti hanno dovuto impiegare anni di indagini e di intercettazioni per portarla alla luce.




 

Clicca l'immagine per ingrandire



 

 

Truffa carosello 2: per Scaglia non c’è il movente

Perché Scaglia non può averci guadagnato nulla




Silvio Scaglia non ha venduto, a differenza di altri azionisti rilevanti, azioni di Fastweb fino al gennaio del 2007 quando, attraverso la SMS Finance, cedette il 6,3% a Unicredit ad un valore unitario di 44,4 euro per titolo. L’operazione venne perfezionata prima che fosse resa nota l’esistenza della prima indagine della Procura di Roma (marzo 2007) che si concluse con il pieno proscioglimento dell’ingegner Scaglia dalle accuse di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale.



La cessione a Swisscom è avvenuta nell’aprile del 2007, in epoca successiva alla notizia dell’apertura dell’inchiesta di cui la società compratrice era perfettamente informata. Anche per queste ragioni la cessione è stata preceduta da un’accuratissima due diligence, al termine della quale Swisscom ha lanciato un’offerta pubblica di acquisto al valore unitario di 47 euro, cui ha aderito la stessa famiglia Scaglia attraverso la SMS, cedendo il pacchetto residuo per un valore complessivo di 699 milioni.


In sostanza Swisscom, pur tenendo conto dell’indagine e dei rischi ad essa connessi, ha offerto di più del valore pattuito prima della notizia dell’indagine. E ciò indirettamente prova che:


a) le operazioni “Phuncard” e “Traffico telefonico” non hanno generato, in corso d’opera, alcuna valorizzazione del titolo;

b) in ogni caso l’ingegner Scaglia, che non ha venduto azioni nel periodo contestato, non ha tratto alcun beneficio, nemmeno teorico, dai presunti vantaggi economici dell’operazione;

c) al contrario, i rischi connessi all’indagine si sono tradotti in una riduzione del prezzo di acquisto offerto da Swisscom.


Panorama: tutte le “anomalie” sul caso Scaglia


Dalle cifre mediaticamente gonfiate della “frode”, all’IVA realmente versata da Fastweb; dal girotondo dei GIP alle accuse di “scarsa collaborazione”: in un’inchiesta del settimanale i punti oscuri di un’indagine fondata sul pregiudizio


È ancora una volta il settimanale Panorama, diretto da Giorgio Mulè, a tornare quest’oggi in edicola con una nuova puntata su tutte le “anomalie” del caso Scaglia. “Più che un’inchiesta – scrive infatti Maurizio Tortorella – quella che si è aperta in febbraio contro Scaglia, accusato di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale, è una lunga sequenza di anomalie: dall’accusa fino alla procedura”.



L’elenco di Panorama parte dall’ultima trovata dei giudici del Tribunale del riesame, laddove nelle motivazioni per cui Scaglia viene ancora privato della libertà si legge: “La possibilità che l’altissima professionalità, acquisita in vari anni di attività nel campo delle telecomunicazioni, sia messa al servizio di altre illecite iniziative imprenditoriali, ovvero in attività di consulenza”. Insomma, chiosa Tortorella: “Traducendo, e semplificando un po’, è come se avessero detto: è un bravissimo ingegnere, quindi un domani potrebbe delinquere”. Il “sorprendente sillogismo giudiziario”, insiste Tortorella, “non è piaciuto agli avvocati dell’imputato Piermaria Corso e Antonio Fiorella che in vista del processo lo contesteranno”.


In realtà, spiega Panorama, “sulla testa dell’imprenditore, che della vicenda è subito diventato il vero catalizzatore dell’attenzione mediatica e giudiziaria, pesa fondamentalmente un’accusa: quella di avere amministrato «come un despota» l’azienda della telefonia”.




Il quale però venne prosciolto in occasione di un’indagine simile nel 2007. Infatti: “proprio nell’aprile di tre anni fa partì la scalata della Swisscom alla società italiana: l’azienda svizzera offrì 47 euro per azione alla fine di un’accuratissima analisi dei bilanci, e dopo che la notizia dell’inchiesta romana era già stata ampiamente diffusa. La domanda, inevitabile, è: la Swisscom avrebbe mai cercato di acquisire la Fastweb se non si fosse assicurata che i conti della società da comprare non erano più che in ordine? La risposta pare ovvia: no. E soprattutto non avrebbe proposto un prezzo superiore di 3 euro ad azione rispetto ai 44 che era il prezzo di mercato”.


Fin qui i rimandi al passato. Poi, oggi, la fila dei dubbi “procedurali”. Dubbi che hanno prodotto due diverse interrogazioni parlamentari, ricorda Panorama, di Guido Compagna (Pdl) e Rita Bernardini (Radicali). E che dire del girotondo tra GIP? Quando, solo in seguito alle proteste di alcuni legali portate a conoscenza del Tribunale di Roma dal presidente della Camera Penale, il “giudice naturale” Maria Luisa Paolicelli si vide finalmente riconsegnare il fascicolo che, stranamente, continuava a rimanere nella mani del collega Aldo Morgigni.


Tante anomalie, appunto, compresa la decisione del “giudizio immediato”. “Infine – riporta infatti ancora Panorama –  è polemica anche sul giudizio immediato, che la Procura ha chiesto e ottenuto il 10 agosto. Il Codice di procedura penale lo prevede nel caso in cui l’indagato sia in stato di detenzione ed esista una prova evidente della sua colpevolezza: saltando a piè pari l’udienza preliminare, il giudizio immediato priva la difesa di un’arma importante e trasforma di colpo l’indagato in imputato”. “Nel caso di Scaglia – ricorda Tortorella – i termini della custodia cautelare erano già esauriti per la frode fiscale, e sarebbero scaduti il 25 agosto per l’associazione a delinquere. “Ma ora i termini ripartono – dice l’avvocato Fiorella – e così, grazie a un’interpretazione discutibile della norma, Scaglia in teoria potrebbe restare agli arresti fino al 10 agosto 2011: sarebbero 18 mesi di carcerazione preventiva, in assenza di prove». L’ennesima “anomalia”.


Slitta a fine novembre il processo a Silvio Scaglia


La prima udienza non si terrà più il 2 novembre, ma potrebbe già essere verso la fine dello stesso mese. E ad occuparsene non sarà la Quarta sezione penale ma la Prima presieduta dal giudice Giuseppe Mezzofiore


Il processo contro Silvio Scaglia e gli altri indagati dell’affaire Telecom Sparkle – Fastweb non inizierà il prossimo 2 novembre, come ampiamente preannunciato, ma slitterà di qualche settimana, probabilmente alla fine dello stesso mese. Ma non solo: al posto della Quarta Sezione Penale ad occuparsene sarà la Prima, presieduta dal giudice Giuseppe Mezzofiore.


Il “contrordine” è arrivato direttamente dalla Presidenza del Tribunale di Roma, dopo che è stato segnalato un “vizio di forma” dalla stessa Quarta Sezione. Infatti, secondo diritto e prassi, è d’obbligo che i fascicoli vengano assegnati alla sezione abbinata al PM che per primo è risultato assegnatario del processo, indipendentemente dal quel che può essere accaduto dopo (ad esempio, che un PM risulti chiamato ad altro incarico).


Nel caso specifico dell’inchiesta Telecom Sparkle – Fastweb il primo PM assegnatario è stato Francesca Passaniti, dunque la sezione di riferimento deve essere la Prima e non la Quarta. Ma perché questo pasticcio? Vai a saperlo. “Un errore probabilmente delle cancellerie”, raccontano i rumors del Tribunale di Roma. Fatto sta che la prima udienza è slittata.


Saputa la notizia, alcuni legali hanno già presentato una istanza presso il Tribunale affinché, essendo alcuni imputati tuttora detenuti, venga data “priorità assoluta” (come del resto previsto da recenti norme) alla fissazione delle udienze, allo scopo di accelerare i tempi di svolgimento del processo medesimo.


Truffa carosello 1: perché Fastweb è vittima della frode


Ormai, agli occhi dell’opinione pubblica, la “frode Carosello” (vedi descrizione sotto, che illustra la tesi accusatoria) è nota come la “truffa dei 2 miliardi” ai danni dello Stato. In realtà, le cifre contestate sono largamente inferiori, ma non c’è stato alcun beneficio per la società telefonica: i soldi finiti nelle tasche dei criminali che hanno congegnato la truffa, sono usciti dalle casse di Fastweb che ha subìto un consistente danno patrimoniale. Ma procediamo con ordine.


Immagine by Corriere.it


1) La cifra contestata, secondo la ricostruzione della Procura di Roma, ammonta complessivamente a 333,8 milioni di euro; è questo il totale della frode realizzata attraverso quattro società estere attraverso due filoni illeciti paralleli, uno relativo a Fastweb, l’altro a Telecom Italia Sparkle. A Fastweb, in particolare, viene contestata un importo di IVA sottratta allo Stato pari a 38,6 milioni di euro circa (contro una cifra di circa 300 milioni di Telecom Italia Sparkle). In realtà, secondo quanto si legge a pagina 280 dell’ordinanza la cifra complessiva è frutto della differenza tra l’IVA pagata dalle società telefoniche  (336.486.005 euro) e quella effettivamente versata dai veicoli della banda criminale (i-Globe, Planetarium, Gpn e Telefox International), pari a 2.647.947 euro.


2) In sostanza, per limitarci alla posizione di Fastweb, la società è accusata di aver frodato l’IVA per 38 milioni di euro e di aver ricavato un profitto illecito complessivo di 11 milioni dal complesso di queste operazioni. Ma quei soldi vennero regolarmente versati dalla stessa Fastweb alle quattro “società cartiera” estere, attive sia nel traffico telefonico che nelle carte prepagate. Sono state queste ultime ad omettere il versamento allo Stato, mentre Fastweb ha fatto la sua parte secondo legge. Non vale nemmeno l’obiezione che, in questo modo, Fastweb ha potuto giovarsi del credito d’imposta. In realtà, Fastweb, dopo aver pagato cash questi 38 milioni di Iva, non ha mai incassato il relativo credito (portato regolarmente a bilancio) perché all’epoca era letteralmente sommersa da diverse centinaia di milioni di euro di crediti IVA prioritari relativi agli investimenti fatti per la costruzione della rete che aveva comportato uno sforzo di alcuni miliardi di euro. Quindi per Fastweb si profila un bilancio semplicissimo: una perdita di cassa pari a 27 milioni (38-11) e un margine, solo sulla carta, di 11 milioni. Al contrario, lo Stato non ha perso, rispetto alla società telefonica, un euro, perché i crediti IVA non sono mai stati incassati.


3) I soldi finiti nelle mani della gang criminale, insomma, sono usciti da Fastweb, non dallo Stato. Si è obiettato che le operazioni truffaldine hanno comunque generato volumi d’affari e maggiori margini industriali per Fastweb, provocando di riflesso una crescita del valore borsistico o di merito creditizio della società. In realtà, i ricavi delle attività oggetto di indagine tra il 2005 e il 2007 hanno rappresentato per Fastweb il 5,6% dei ricavi (contro il 22,5% di Telecom Italia Sparkle) mentre, dal punto di vista dei margini, l’operazione in questione ha rapresentato meno del 2% nel periodo preso in considerazione.


Scaglia, il miliardario trasparente (2)


La storia del patrimonio del fondatore di Fastweb, ricostruita davanti ai PM. Dall’aumento di capitale di Fastweb del febbraio-marzo 2005 alla vendita delle sue quote alla Sms Finance, fino all’avvio di Babelgum ed altre attività imprenditoriali tra cui l’investimento nella cinese Gold Typhoon nel 2009


Arrivano gli anni dello sboom borsistico, ma e.Biscom nonostante la crisi va avanti per la sua strada: il processo di realizzazione della fibra ottica prosegue e si estende in molte città del Belpaese, portando nelle case degli italiani una velocità di collegamento alla Rete impensabile fino a pochi anni prima.


Dal 2003 e.Biscom, in piena moria delle finte promesse della “new economy”, entra invece a far parte dell’indice S&P Mib che contiene le 40 maggiori società italiane per capitalizzazione. Non a caso la società viene ribattezzata sui media “la regina del tech” tricolore. Nel 2004 arriva un passaggio delicato: Fastweb viene infatti “fusa per incorporazione” nella controllante che ne assumerà contestualmente il nome. All’epoca la quota in mano a Scaglia vale parecchie centinaia di milioni di euro. Precisamente, al 31 dicembre 2003, il 30,2% intestato ancora all’ingegnere ha un valore di mercato di 724 milioni, su una capitalizzazione complessiva di 2,4 miliardi di euro.


Date le cifre in questione (Scaglia per il mercato borsistico è un signore che “vale” oltre 700 milioni di euro) non è difficile immaginare che il fondatore di Fastweb godesse di un ampio credito personale: il 25 febbraio del 2005, infatti, a fronte di un pegno su 5,7 milioni di azioni di sua proprietà, Scaglia riceve un finanziamento da Unicredit per l’importo di 115 milioni di euro (poco più di un settimo della sua “fortuna personale”). L’operazione è da collegare al nuovo aumento di capitale di Fastweb, per l’importo complessivo di 800 milioni. In quell’occasione, siamo nel marzo 2005, Scaglia vende i diritti d’opzione non utilizzati, incassando perciò 21,5 milioni, reinvestiti totalmente per sottoscrivere 2,9 milioni di nuove azioni. In sintesi, il fondatore prima di e.Biscom, poi divenuta a tutti gli effetti Fastweb, investe 99 milioni di euro, di cui 21,5 milioni rivenienti dalla cessione dei diritti e 77,5 milioni provenienti dal prestito personale erogato da Unicredit.


L’anno della cessione


Nel novembre 2005, Scaglia arriva poi a cedere la sua partecipazione in Fastweb al prezzo medio dei corsi di Borsa, rilevato ad ottobre (38,5 euro per azione), alla Sms Finance per un importo di 771 milioni di euro: la società, non disponendo allora di cassa, si impegna a pagare allo stesso Scaglia la cifra complessiva in cinque tranches da dividersi nei successivi 5 anni.



Nel 2006 Fastweb distribuisce riserve, non più necessarie allo sviluppo, per un importo di 300 milioni, di cui 75 competono a Sms Finance. Il 15 gennaio 2007, Sms cede un primo 6,3% di azioni Fastweb ad Unicredit per l’importo di 222 milioni (5 milioni di titoli al prezzo unitario di 44,4 euro) operazione annunciata preventivamente in un’intervista che l’ingegner Scaglia rilascia al Financial Times. In seguito, la Sms cederà l’intero pacchetto rimanente all’offerta pubblica di acquisto di Swisscom per la cifra di 699 milioni (ovvero 14.879.564 azioni a 47 euro l’una).


Resta ancora un passaggio: Sms, dopo aver rimborsato il debito nei confronti di Unicredit e pagate le tasse, ha utilizzato la liquidità disponibile per dare l’avvio alla piattaforma Babelgum e ad altre attività imprenditoriali tra le quali, nel 2009, l’investimento nella cinese Gold Typhoon, ex EMI, una delle società di produzione musicale più attive nel mercato del Dragone, quello a maggior crescita a livello planetario.


Per questo l’ingegner Scaglia, il 16 marzo del 2010, ha potuto dichiarare ai magistrati che “il patrimonio a me riferibile direttamente e indirettamente – tutto documentato nella genesi – ammonta a circa 1 miliardo di euro a fine 2007”.


Scaglia, il miliardario trasparente (1)


La storia della “fortuna economica” del fondatore di Fastweb, ricostruita passo dopo passo davanti ai magistrati. Dove si capisce l’origine assolutamente lecita, e la totale mancanza di interesse patrimoniale nella vicenda delle truffe “Phuncards” e “Traffico telefonico”


La fortuna dell’ingegner Silvio Scaglia ammonta a circa un miliardo di euro, un dato che lo pone al 13° posto nella classifica italiana tra gli italiani più abbienti elaborata annualmente dalla rivista Forbes. Si tratta di un patrimonio dall’origine perfettamente trasparente e lecita, che infatti l’ingegnere ha potuto ricostruire in ogni minimo dettaglio, senza alcuna esitazione, davanti ai magistrati inquirenti. Potendo così, in tal modo, smentire qualunque possibile sospetto di interesse patrimoniale nella truffa delle carte prepagate “Phuncards” o in quella denominata “Traffico telefonico”.




Da Omnitel a Fastweb


Per raccontare la storia occorre fare un salto indietro di 15 anni. Il primo passo verso l’affermazione economica coincide infatti con il 1995, quando l’ingegner Scaglia, in procinto di trasferirsi in Estremo Oriente a Singapore per conto del gruppo Piaggio, viene chiamato a far parte dello staff dirigente di Omnitel, oggi divenuta Vodafone Italia, ovvero la società telefonica mobile che ha saputo sfidare il monopolio di Telecom Italia.


Il manager Scaglia, divenuto ben presto Amministratore delegato (ai magistrati dichiarerà anni dopo “credo che un manager esprima il meglio di se stesso intorno ai 35 anni”), guida le sorti di Omnitel fino alla sua cessione dall’Olivetti alla tedesca Mannesmann. In quel periodo Omnitel è riuscita nell’impresa di passare da 30.000 a oltre 1 milione di abbonati. All’uscita da questa avventura Scaglia riscuote così un consistente pacchetto di stock options,  pari a 14 miliardi di vecchie lire. E sarà questo il capitale necessario che l’ingegnere mette a disposizione per iniziare la nuova iniziativa imprenditoriale. Altri, chissà, avrebbero magari preferito la campagna o i Caraibi, oppure un posto di lavoro garantito e tranquillo. Ma Scaglia è da sempre un talento “innovatore”, un “distruttore creativo” avrebbe detto l’economista Joseph Shumpeter.


Si arriva così all’anno 1999, quando Silvio Scaglia dà il via, assieme al finanziere Francesco Micheli e ad alcuni manager ex Omnitel, alla società e.Biscom, vale a dire la prima impresa al mondo capace di realizzare una rete telefonica interamente basata sull’Internet Protocol, in grado cioè di connettere in fibra ottica anche le utenze residenziali. Nel marzo del 2000, in pieno boom della “new economy”, quando ancora non si distingue bene tra chi propone business tecnologici dalla prospettiva solida e chi si ingegna a piazzare delle semplici “patacche”, la società e.Biscom raccoglie in Borsa i fondi necessari per la realizzazione della rete in fibra ottica. Con l’aumento di capitale, propedeutico alla quotazione, la società raccoglie 1,7 miliardi di euro. Ai tempi del collocamento Scaglia controlla il 35,3% del capitale, mentre la famiglia Micheli, ovvero Francesco e i due figli Carlo ed Andrea, controllano complessivamente il 35,6%. In tre date successive (marzo 2001, poi ottobre 2001 e ottobre 2002), l’ingegner Scaglia arriva a cedere una piccolissima porzione del suo capitale, complessivamente 547.000 azioni per un controvalore di 33 milioni di euro in totale.


(segue)

Scaglia è intelligente, quindi “può inquinare”. E pure “reiterare”


Per il Tribunale del Riesame, Silvio Scaglia deve rimanere agli arresti e “senza contatti con gli altri”. Anche perché dicono i magistrati da grande esperto di tlc, potrebbe mettersi al servizio di “altre illecite iniziative, ovvero in attività di consulenza”


Se non ci fosse da piangere, ci sarebbe da ridere. Ma ve lo immaginate Silvio Scaglia che non trova di meglio che mettersi al telefono nella sua casa di Antagnod per fare il consulente di aspiranti truffatori? Ovviamente, sfruttando “l’altissima professionalità raggiunta negli anni nel campo delle telecomunicazioni”. Da non crederci. Eppure è quanto sostengono i magistrati del Tribunale del Riesame (sempre gli stessi, per la terza volta) che hanno respinto il 27 settembre scorso la revoca degli arresti domiciliari per il fondatore di Fastweb. Insomma Scaglia potrebbe “reiterare”, dunque stia in galera.


E non è tutto: aggiungono i magistrati che Scaglia aveva il “pieno controllo di Fastweb e di tutte le vicende societarie”, quindi era il dominus dell’azienda, quindi “non poteva non sapere”, quindi  anche oggi potrebbe generare un “inquinamento probatorio”. E il cerchio si chiude. Del resto lo dicevano già gli aristotelici: se Socrate è peloso e i gatti sono pelosi, Socrate è un gatto.


Ma ecco come la vede il nostro Vincino



 

 

Torna il teorema Tangentopoli: “non poteva non sapere”


Il settimanale Panorama oggi in edicola dedica al fondatore di Fastweb un’ampia disamina sulle “anomalie” dell’inchiesta giudiziaria che lo vede imputato

 

 

A volte ritornano. Ma in questo caso, a tornare, è il teorema di Tangentopoli: quel “non poteva non sapere”, che il fondatore di Fastweb si ritrova appiccicato addosso dai magistrati e per il quale andrà a processo il prossimo 2 novembre.  È il settimanale Panorama, a firma di Maurizio Tortorella nel numero oggi in edicola, a dedicare un’ampia disamina del “caso Scaglia”, ovvero a quella che definisce un’inchiesta giudiziaria “anomala”, come recita l’occhiello.

 

Scrive Tortorella: “Scaglia, in effetti, da oltre sette mesi (231 giorni per la precisione, ndr.) sta subendo un trattamento particolarmente severo da parte degli inquirenti romani”. “Magistrati e giudici – prosegue – gli rimproverano un atteggiamento ‘scarsamente collaborativo’, ma di fatto Scaglia continua soltanto a dichiararsi innocente”.

 

Il teorema dei magistrati è chiaro: Scaglia “non poteva non sapere”. Ma “l’assunto – insiste Tortorella – riporta di colpo ai tempi di Tangentopoli (…)… anche allora si discuteva se l’automatismo giudiziario fosse corretto. Poi la Cassazione ha stabilito che l’accusa deve sempre provare l’effettiva consapevolezza dell’indagato”. Ma ora, proprio su questo fronte – si legge ancora su Panorama – “la situazione di Scaglia è anche più forte, perché l’ex fondatore della Fastweb è sicuro di avere dimostrato, anche con i documenti, che in azienda della questione delle carte prepagate si sono sempre occupati altri”.

 

Eppure: “Agli inquirenti qualcosa non torna: a loro la verifica interna (che compì il Comitato Audit, ndr.) e la consulenza esterna (Studio Guido Rossi, ndr.) non bastano. Scaglia non avrebbe dovuto accontentarsi di quei due controlli, avrebbe dovuto fare di più. Che cosa, non è dato sapere”.

 

Conclude l’articolo: “Ma anche se Scaglia avesse conosciuto ogni particolare del business delle carte prepagate, e così non è – protesta l’avvocato Fiorella – nessuno lo ha mai accusato di essere stato a conoscenza di eventuali frodi: nessuno. Per questo la detenzione e il processo, senza nemmeno un’udienza preliminare, sono inaccettabili”.

 

Newsletter
Iscriviti alla newsletter di silvioscaglia.it




ebook il caso scaglia

Perché un blog?

“Questo Blog è dedicato alla figura di Silvio Scaglia, imprenditore ed innovatore, protagonista di start up (Omnitel, Fastweb, Babelgum) oggi impegnato in nuove sfide come il rilancio de La Perla, marchio storico del made in Italy. E' un luogo di informazione e di dibattito per tutti gli stakeholders (dipendenti, collaboratori, clienti) ma anche comuni cittadini che hanno seguito le vicende in cui Scaglia, innocente, si è trovato coinvolto fino alla piena assoluzione da parte della giustizia italiana.” - Stefania Valenti, Chief Executive Officer Elite World