Archivio di aprile 2011

Udienza 24: anche Massimo Micucci esce dal carcere


Dopo la dichiarazione spontanea in aula: «Io, in cella da 14 mesi, senza esser interrogato»


L’udienza 24 del processo sull’Iva telefonica è stata dominata dalle dichiarazioni spontanee. La più drammatica è stata resa dall’imprenditore Massimo Micucci, accusato di aver contribuito in vario modo a riciclare i capitali in capo a Carlo Focarelli. Micucci ha fatto presente che la sua richiesta avanzata tramite i difensori di essere interrogato per poter chiarire la sua posizione non ha ricevuto risposta alcuna durante i 14 mesi di detenzione preventiva. Poche ore dopo, nel pomeriggio, è stata firmata l’istanza di scarcerazione per lo stesso Micucci che si unisce così alla schiera di altri imputati (dodici) che hanno lasciato il carcere prima di Pasqua. Attualmente risultano ancora detenuti: Gennaro Mokbel, Franco Pugliese, Carlo Focarelli, Luigi Marotta, Silvio Fanella e Luca Breccolotti.


Nel corso dell’udienza si sono registrate anche le dichiarazioni spontanee del Maggiore della Guardia di Finanza Luca Berriola che ha tenuto a precisare di non aver maneggiato dossier secretati ma di aver avuto a che fare, al contrario, con indagini assegnate secondo criteri trasparenti, e dell’avvocato Paolo Colosimo, che ha tenuto a precisare come, al contrario di quanto emerso da alcuni interrogatori, abbia sempre agito su mandato professionale per conto dell’ex senatore Nicola Di Girolamo e come la sua frequentazione della gioielleria di Fabrizio Soprano fosse da collegare alla sua passione per gli orologi non agli affari di Gennaro Mokbel. Quest’ultimo, invece, è intervenuto per precisare che, al contrario di quanto gli viene comunemente attribuito dagli organi di stampa, non è, da sempre, un estremista di destra. Al contrario, Mokbel rivendica le sue origini di uomo della sinistra, almeno finché, causa il suo arresto per reati legati agli stupefacenti, non ha fatto conoscenza in carcere di esponenti dell’estrema destra della Capitale e di esponenti della banda della Magliana.


Udienza 23: un solo teste in aula


Tutti assenti, con diversa motivazione, salvo Fabrizio Soprano, guardia di Ps, chiamato a rispondere sul trasporto di alcuni valori da una gioielleria di Mokbel. Prossima udienza il 29, poi dal 3 maggio al via le deposizioni dei “verbalizzanti”, a partire dal Capitano della GdF Luca Meoli


È stata un’udienza breve, durata soltanto poco più di un’ora, quella di stamane al processo per l’“Iva Telefonica”. Il motivo è che rispetto al lungo elenco dei testimoni attesi se ne è presentato uno solo: Fabrizio Soprano, guardia di Ps, il quale assieme al collega Mirko Pontelini, svolgeva anche un secondo lavoro, sia come autista che come vigilante e portavalori, presso una galleria d’arte e una gioielleria che facevano capo a Gennaro Mokbel. In aula, Soprano ha risposto proprio ad alcune domande relative ad un trasporto di gioielli avvenuto da Milano a Roma. Assente, invece, uno dei testi di maggiore interesse, Maurizio Laurenti, già collaboratore e amico di Carlo Focarelli, che ha motivato l’impossibilità a presentarsi “per ragioni di salute”.


Il processo proseguirà quindi venerdì 29 aprile quando, a meno di ulteriori assenze, sfileranno davanti ai giudici: Milena Migliozzi, Pietro Santini (maresciallo della Polizia valutaria), Isabella Sorgi (ex compagna del Maggiore GdF Luca Berriola), Paolo Casamenti e Sergio Placidi, entrambi ex poliziotti.


Infine, il 3 maggio terminato il controinterrogatorio dell’avvocato Federico Palazzari, esperto di questioni legali e societarie ad Hong Kong, sarà la volta del Capitano della Guardia di Finanza, Luca Meoli, con cui inizieranno le deposizioni dei “verbalizzanti”, ovvero i poliziotti e i finanzieri che hanno effettuato le indagini.



Riparte il processo “Iva telefonica”: in aula il collaboratore di Carlo Focarelli


Dopo i patteggiamenti, le assoluzioni e le condanne comminate venerdì scorso, dopo una camera di consiglio di dieci ore dal Gup Zaira Zecchi, riparte oggi, 27 aprile, il processo per l’Iva telefonica davanti alla Prima Sezione penale del Tribunale di Roma con un nutrito programma di esame dei testi. Davanti alla Corte sfileranno, infatti, Fabrizio Soprano, Fabrizio Rubini, Andrea Vecchione, Andrea De Dominicis e Maurizio Laurenti, collaboratore di Carlo Focarelli.


Intanto, escono dal processo alcuni protagonisti. Il Gup, infatti, ha respinto solo la proposta di patteggiamento (cinque anni) concordata dall’ex senatore Nicola Di Girolamo, accogliendo invece la proposta di cinque anni di reclusione per l’ex dipendente di Fastweb Giuseppe Crudele e per il broker Marco Toseroni, puniti per associazione per delinquere transnazionale finalizzata all’evasione fiscale, riciclaggio transnazionale aggravato, dichiarazione infedele mediante l’uso di fattura per operazioni inesistenti.


L’Angolo di Vincino



Buona Pasqua da Silvioscaglia.it


Prime sentenze al processo TIS-Fastweb


Assoluzioni e patteggiamenti davanti al Gup che respinge l’accordo per Di Girolamo


Dopo le testimonianze al processo per l’“Iva telefonica”, arrivano le prime condanne per diversi imputati già comparsi come testi davanti alla Prima Sezione penale del Tribunale di Roma. In realtà, il Gup Zaira Secchi ha rifiutato la richiesta di patteggiamento per Nicola Di Girolamo giudicando non adeguata la condanna a cinque anni concordata con la Procura perché non congrua ai reati commessi. L’ex senatore sarà giudicato il 23 maggio da altro giudice con rito abbreviato.


Al contrario il giudice ha accolto il patteggiamento per l’ex dipendente Fastweb Giuseppe Crudele e il manager Marco Toseroni: entrambi sono stati condannati a cinque anni per associazione per delinquere transnazionale finalizzata all’evasione fiscale, riciclaggio transnazionale aggravato e dichiarazione infedele attraverso l’emissione di fatture inesistenti. Il Gup, che ha condannato anche altri imputati che avevano chiesto il giudizio con rito abbreviato e proceduto a due assoluzioni, ha altresì comminato una pena di cinque anni per Augusto Murri e di quattro anni e otto mesi per Antonio Ferreri, entrambi accusati per l’emissione di fatture inesistenti nell’ambito dell’operazione “Phuncard”. Sono stati condannati anche Dario Panozzo (quattro anni e quattro mesi) amministratore della Planetarium, altra società coinvolta nel giro di fatture fasulle, il gemmologo Massimo Massoli, per impiego di denaro di provenienza illecita e Giulio Cordeschi.


Infine, pena di un anno e sei mesi per Marco Iannilli, accusato di aver favorito, in concorso con Roberto Macori (condannato a sei anni) e Gennaro Mokbel, la cosca degli Arena di Isola Capo Rizzuto, che si attivò per l’elezione al Senato di Nicola Di Girolamo.


Assolti con formula piena Roberto Caboni e Renzo Mattioli.


Iva Telefonica: il processo riprende il 27 aprile con Laurenti


Previsto l’esame di dieci testi nelle udienze del 27 e del 29 aprile


Dieci testi in due sole udienze. Riparte con questo programma ambizioso il processo per l’Iva telefonica davanti alla Prima Sezione penale del Tribunale di Roma. Nella giornata del 27 aprile, in particolare, è in programma l‘esame di: Fabrizio Soprano, Fabrizio Rubini, Maurizio Laurenti, Andrea Vecchione e Andrea De Dominicis.


La testimonianza attesa con più interesse è quella di Maurizio Laurenti, amico e collaboratore di Carlo Focarelli. Seguirà l’esame di Fabrizio Rubini, coinvolto nell’inchiesta perché, secondo l’accusa, fa capo a lui – conoscente di antica data dell’ex senatore Di Girolamo – un conto corrente e San Marino su cui furono accreditati da parte dell’organizzazione diversi milioni di euro provenienti da vari paradisi fiscali.


Sarà ascoltato anche Fabrizio Soprano, il poliziotto che, assieme al collega Mirko Pontelini, volgeva un secondo lavoro, come autista, portavalori e vigilante presso la galleria d’arte e la gioielleria che facevano capo a Gennaro Mokbel.


Infine, dovrebbero essere sentiti anche l’anatomopatologo Andrea Vecchione e Andrea De Dominicis, gioielliere, protagonista di alcuni viaggi ad Hong Kong ed in Belgio per svolgere perizie su pietre preziose acquistate dall’organizzazione.


La sfilata dei testi occuperà anche l’udienza di giovedì 29 aprile. In quell’occasione è prevista la testimonianza di Milena Migliozzi, Pietro Santini (maresciallo della Polizia valutaria), Isabella Sorgi (l’ex compagna del maggiore della Guardia di Finanza Luca Berriola), Paolo Casamenti e Sergio Placidi, entrambi ex poliziotti, pentiti, al centro di un’inchiesta per riciclaggio legata al commissariato Trastevere, arrestati nell’aprile del 2005, le cui deposizioni sono state prese in considerazione, si legge nella sentenza del Gip, per «meglio valutare la figura del Berriola».


Rassegna Stampa (6): Il caso Scaglia diventa un “caso”

 

Una lettera al direttore del settimanale Tempi ricostruisce alcuni aspetti della vicenda carceraria del fondatore di Fastweb

In particolare, ricordando ciò che scrisse la moglie Monica Aschei Scaglia il 14 maggio 2010 al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Una “corretta” precisazione verso un articolo comunque esemplare, di quelli che si vorrebbe leggere più spesso, su come funziona la custodia cautelare (pena preventiva?) nel nostro Belpaese.

 

 

«Volevo segnalare un particolare non da poco sulla vicenda giudiziaria di Silvio Scaglia, che nel vostro articolo nel numero 13 vi è sfuggita: Scaglia è uscito dal carcere per andare agli arresti domiciliari solo quando la moglie, credo ormai esasperata, ha scritto una lettera al presidente della Repubblica per sapere le ragioni per le quali suo marito si trovasse ancora in galera, pur mancando i requisiti di legge per la sua permanenza in loco (no pericolo di fuga: è tornato apposta per farsi arrestare da uno Stato estero privo di accordi di estradizione con l’Italia; no reiterazione del reato: i fatti incriminati risalivano ad anni precedenti; no inquinamento delle prove: non lavorava più in Fastweb da un paio d’anni). Napolitano rispose alla lettera e, dopo il solito melenso peana sull’autonomia e indipendenza della magistratura che gli impedivano qualsivoglia intromissione, scrisse che avrebbe preso informazioni: ebbene, qualche giorno dopo Silvio Scaglia uscì dal carcere. Ho voluto ricordare questo episodio perché emblematico della deriva arbitraria e disumana a cui si riduce un potere autoreferenziale senza limiti e contrappesi, qual è divenuto oggi quello giudiziario italiano». Un caro saluto. Luca Cantatore via internet.

 

La risposta:

«Fate finta che Dio non esiste. La vita degli uomini è di 70-80 anni. Vediamo quale Giudice dirà l’ultima parola».


 

Vincino: “Il peso di un’ordinanza”

 

Il commento di Vincino all’intervista a Stefano Mazzitelli pubblicata ieri dal blog


Fattore Umano | Stefano Mazzitelli: «Il carcere? Un impatto devastante»

 

L’ex Ad di TIS racconta al blog il trattamento subito da “presunto innocente”: «È mai possibile – dice – arrivare al colloquio di garanzia col Gip senza l’assistenza di un avvocato, con davanti un’ordinanza di 2000 pagine e un fascicolo di 200.000?». «Devo ringraziare – aggiunge – il sostegno dei compagni di cella e le guardie. E poi gli amici e i conoscenti che mai hanno dubitato di me»




Dottor Mazzitelli, dopo un anno agli arresti, com’è stato svegliarsi da persone libere?

È difficile descrivere le emozioni che si provano nel riacquistare la libertà dopo 12 mesi di improvvisa privazione fisica e mentale di tutto ciò che hai, o che fai, anche delle cose più banali. È un po’ come rinascere, soprattutto mentalmente. Si comincia per gradi, dagli affetti che incontri appena uscito e verso i quali hai un approccio fisico, tattile, poi le cose quotidiane. Ancora oggi, dopo un mese di vera libertà ho sensazioni nuove ogni giorno. Purtroppo, si resta in uno stato di ansia latente: sei sempre fra il presente ed il passato, fra il sogno e l’incubo. L’aspetto confortante è constatare che a poco a poco ci si “riabitua” alla libertà: sembra un concetto un po’ folle ma è così.


Che ricordi restano?

Per trovare risvolti positivi in una simile vicenda bisogna scavarsi dentro profondamente e non è facile. Io lo faccio tutti i giorni ma non ho ancora trovato risposte. Innanzitutto, ed è un dato incredibile, ricordo tutto con una memoria fotografica sorprendente, dico veramente tutto; potrei descrivere ogni istante di quei momenti con precisione assoluta. Voglio anche aggiungere che nel mio caso, come in quello di altri, si tratta di persone incensurate quindi c’è un problema personale ma anche diciamo così “intellettuale” per chi nel sistema ha vissuto in maniera specchiata per 50 anni. Ribadisco, non è solo un concetto etico che può sembrare personale e fine a se stesso, ma anche giuridico che si chiama “presunzione di innocenza” e “incensurati”. Con il tempo, la riflessione e gli affetti magari tutto si normalizzerà, ma certamente la storia non si cancella e credo sia anche giusto così.


La sua esperienza del carcere?

Il primo impatto è devastante, ti ritrovi in un ambiente chiuso e soffocante; l’isolamento è qualcosa di terrificante che genera reazioni, credo, anche chimiche; non puoi appellarti a nulla, non hai contatti, non sai cosa succede, nessuno ti informa di niente. Chiudono anche la porta esterna blindata e si è tagliati fuori dal mondo; dopo un paio di giorni gli altri detenuti, in specie i lavoranti, ti offrono un caffè la mattina e durante il rancio si preoccupano che mangi, insomma ho trovato grande solidarietà; devo aggiungere che per me ci sono voluti 9 giorni per andare in cella con gli altri; a quel punto, in qualche modo, si ricomincia a vivere, con persone che ti manifestano da subito, nella maggior parte dei casi, affetto e cortesia. Ti aiutano, consigliano e stimolano: ecco quello è stato un sollievo enorme. Anzi vorrei approfittare per mandare un grazie sincero ai miei compagni di cella. Mi ha impressionato la maturità di queste persone, anche giovani, cui ti puoi appoggiare perché si fanno carico dei tuoi problemi, non lo dimenticherò mai. Ho trovato solidarietà anche nelle guardie di custodia, in alcuni casi quasi un’amicizia; sono persone che fanno un lavoro duro, spesso non gratificante. Per questo vanno rispettati e, per quanto mi riguarda, ringraziati. Ci sono molti luoghi comuni sul fatto che gli agenti commettano delle vessazioni. Nei sei mesi di carcere non ne ho avuta diretta esperienza. Certo, ci sono anche esempi negativi, ma in generale no. Le domande, semmai, vanno poste sul “sistema della giustizia”: è giusto il carcere per ragazzi di 20/25 anni condannati per furtarelli, quasi sempre a scopo di droga? A che serve? Che senso ha? Quasi sempre, poi, questi ragazzi vengono rimessi in libertà senza adeguato sostegno. Poi ci sono troppe cose che non vanno: strutture mediche deficitarie e carenti, c’è l’aspetto dei colloqui, limitati e senza privacy, specialmente per coloro che hanno anni di permanenza nella struttura; infine i trasporti che sono davvero allucinanti: perché, mi chiedo? Che ci vuole? Non sarebbe difficile fare meglio. Per questo spero di poter fare qualcosa quando il mio incubo personale sarà finito.


E sui domiciliari?

Qui c’è un discorso personale ed uno giuridico, di sistema. È evidente che i domiciliari rispetto al carcere sono qualcosa di profondamente diverso, il semplice contatto con la famiglia è un sollievo enorme, così come il ritrovarsi in un ambiente conosciuto come la tua casa. Dopo pochi giorni, però, il sollievo svanisce e si tramuta in insofferenza per la costrizione, i controlli notturni, le limitazioni e le paure a cui sottoponi anche chi ti sta vicino. E questo è il discorso personale. Poi c’è l’aspetto giuridico della custodia cautelare: è una brutalità indegna di un paese civile, che andrebbe applicata solo in casi gravissimi e adeguatamente motivati. Non certo il mio caso personale. Anche perché, ed è un aspetto a volte sottovalutato, si riflette sulla capacità di difendersi adeguatamente, per le limitazioni cui sei sottoposto. Ad esempio, in un procedimento della complessità di quello in cui sono coinvolto, è assolutamente necessario l’esame di ingenti mole di carte, di colloqui con gli avvocati, hai bisogno anche della lucidità per dimostrare la tua innocenza: sono tutte cose che il carcere e l’afflizione che comporta rischiano di pregiudicare. Una persona non può arrivare al processo in queste condizioni, si crea un’asimmetria insopportabile fra accusa e difesa. C’è poi un altro aspetto: nel nostro/mio caso ci è stato sequestrato tutto, nonostante l’evidenza che non abbiamo ricevuto nessun utile personale dall’operazione, sia diretto che indiretto; insomma, in questo momento non ho nessuna disponibilità economica e solo grazie all’aiuto di famigliari ed amici riesco a soddisfare le piccole esigenze quotidiane. Pensi solo agli avvocati? Ho la fortuna di avere amici che mi sostengono, ma è una casualità: il sistema non deve e non può consentire questo.


Cosa pensa del suo futuro?

Oggi c’è solo il quotidiano. Ha detto bene l’ingegner Comito sul vostro blog: la sanità mentale richiede di concentrarsi sull’oggi, sul processo, sul recupero del rapporto con la famiglia, sul rassicurare i figli. Si vive in una situazione di temporaneità ed instabilità, legate al processo; cerco di concentrarmi lo stesso: è troppo grande la voglia di dimostrare la mia totale innocenza ed estraneità ai fatti. La delusione è il dover constatare che c’è un sistema brutale, nel quale va pure messo in conto il perverso rapporto fra media e inchieste giudiziarie: un sistema che vive di slogan, che non fa domande, che banalizza i lati umani e tecnici delle vicende, a parte qualche rara eccezione. Poi, nel mio caso, è stato anche alimentato dall’azienda per cui lavoravo che ha fatto pubblico sfoggio di opportunismo. Non è un problema di immagine, ma di equilibrio di valori. La stampa non può rivendicare diritti costituzionali di libertà se poi li usa a scopi puramente commerciali. In questo contesto, il mio futuro ha solo tante domande, ma sono convinto che troveranno adeguata risposta. Ci vorrà tempo e pazienza.


Ha ancora fiducia nella giustizia?

È un tema complicato. La convinzione è che, alla fine, il dibattimento consentirà un corretto esame della situazione; questo mi dà un senso di sollievo, pur in un contesto complesso: il fatto di poter “dibattere”, di potersi esprimere, confutare ed essere ascoltati è importante. Sono stato un anno in silenzio: ho sentito di tutto, dai magistrati inquirenti, dagli organi di polizia giudiziaria, dalla stampa, dall’azienda per cui lavoravo, senza poter esprimere e contestualizzare: insomma, un muro. Il dibattimento, da questo punto di vita, è una liberazione. E non è solo un tema processuale: innanzitutto lo Stato, il legislatore e di conseguenza noi tutti, dobbiamo capire e decidere se vogliamo porre al centro del sistema il cittadino/persona o lo Stato. Sembra scontato, ma purtroppo nel tempo si è spostato il centro verso lo Stato burocratico ed i diritti individuali vengono calpestati. Purtroppo ci si rende conto di questo quando si rimane intrappolati: è mai possibile che si possa arrivare ad un colloquio di garanzia con il GIP senza l’assistenza dell’avvocato, con un’ordinanza di 2000 e più pagine e un fascicolo di 200.000 pagine? Che un’udienza del riesame duri 5 minuti? Che nei fatti venga sconvolto il principio cardine di presunzione di innocenza che dovrebbe essere sacro? Tutto previsto dalla legge, ma è proprio questo il punto: il sistema non offre più garanzie. E non è accettabile dire che il dibattimento alla fine sana tutto, perché ci si arriva in misura sproporzionata fra accusa e difesa con conseguenze anche sul processo e perché il danno fatto alle persone può essere irreparabile.


Qualcos’altro che vuole dire?

Sì, soprattutto un grazie al vostro Blog, così aperto ed attento, grazie agli amici e ai conoscenti che mai hanno dubitato, grazie ai parlamentari e giornalisti che si sono interessati alla mia/nostra vicenda con discrezione senza interferire ma cercando almeno di capire e di porre la persona al centro del problema e una dedica affettuosa ai miei figli ed ai miei cari. La mia unica risposta può essere solo di dimostrare la mia totale estraneità a questa vicenda.


Newsletter
Iscriviti alla newsletter di silvioscaglia.it




ebook il caso scaglia

Perché un blog?

“Questo Blog è dedicato alla figura di Silvio Scaglia, imprenditore ed innovatore, protagonista di start up (Omnitel, Fastweb, Babelgum) oggi impegnato in nuove sfide come il rilancio de La Perla, marchio storico del made in Italy. E' un luogo di informazione e di dibattito per tutti gli stakeholders (dipendenti, collaboratori, clienti) ma anche comuni cittadini che hanno seguito le vicende in cui Scaglia, innocente, si è trovato coinvolto fino alla piena assoluzione da parte della giustizia italiana.” - Stefania Valenti, Chief Executive Officer Elite World