Fastweb parte civile? Un “nonsenso giuridico”

Secondo quanto sostenuto dai legali degli imputati nella seconda udienza la società non può essere considerata un soggetto danneggiato, essendo chiamata in causa dagli stessi PM come “ente sotto procedimento penale”, che avrebbe tratto “vantaggio” dal reato



Un “nonsenso giuridico”. È questa, in sintesi, la valutazione espressa dai legali difensori degli imputati nel corso della seconda udienza del “Processo Carosello”, a proposito della richiesta avanzata da Fastweb di potersi costituire “parte civile”. Fastweb infatti – sostengono i legali – non può essere considerato un qualsiasi soggetto “danneggiato”, ma al contrario “è un ente sotto procedimento penale”, sebbene separato. Ne consegue che in qualità di “responsabile dei reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio” non può pretendere di essere riconosciuto altrettanto come “soggetto danneggiato dal reato”.


Del resto, se per ipotesi la richiesta venisse accettata, emergerebbe tutto il paradosso: Fastweb si ritroverebbe contemporaneamente a rivestire due ruoli e a indossare due giacche, quella di chi accusa e quella di chi siede sul banco degli imputati.


Una argomentazione, quella dei legali, che trova il suo fondamento anche dalla lettura della richiesta di giudizio immediato avanzata (e ottenuta) dai magistrati inquirenti. Ad esempio, laddove Fastweb nel decreto viene qualificata dai PM come “soggetto responsabile per i reati commessi nel suo interesse e a suo vantaggio” e anche come soggetto “consapevole”. Dunque, se ad accusarla sono i PM come si può pensare che siedano nella stessa aula in qualità di “vittime da risarcire”.


Vi sono poi altre ragioni “pregnanti”, sempre secondo i legali, per escludere Fastweb come parte civile. Ad esempio, la società potrebbe in futuro, in sede di giudizio processuale, assumere la veste di “responsabile civile per il fatto degli imputati, persone fisiche che, parimenti, sono processati separatamente”. In sostanza, ove venisse accettata come parte civile, Fastweb avanzerebbe il diritto a formulare una “domanda risarcitoria nei confronti di persone che avrebbero cagionato danno alla società ma che, allo stato del processo (quale risulta dal decreto di giudizio immediato) si postula abbiano agito in rappresentanza della società, nell’interesse della società e con il vantaggio della società… ”. Dunque?


Va da sé che sarà poi il procedimento processuale ad evidenziare se e quali reati sono stati commessi, e da chi eventualmente sono stati commessi. Ma ad oggi, secondo quanto sostenuto dagli stessi magistrati inquirenti, Fastweb ne avrebbe ricavato “vantaggio” e non “danno”. E su questo la legge 231 (opinabile finché si vuole, ma ad oggi unico riferimento giuridico) chiarisce in modo esplicito che l’ente (cioè in questo caso Fastweb) è “responsabile per i reati commessi” e, in quanto tale “non può agire per il risarcimento di danni provocati”.


Il 18 dicembre la decisione dei giudici.


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