Di Girolamo: le operazioni telefoniche non erano fittizie


La tredicesima udienza è stata interamente dedicata all’esame dell’ex senatore che conferma la corrispondenza puntuale tra l’oggetto della fatturazione, cioè il traffico, e la fatturazione stessa


Dopo le domande del PM, è cominciato il controinterrogatorio delle difese. Sotto la lente l’analisi dell’organizzazione e la decisione di entrare in politica. Una lunga illustrazione delle caratteristiche dell’organizzazione criminale fino all’avventura politica culminata nell’ingresso al Senato nelle liste di An. Questo gli argomenti che hanno occupato larga parte della tredicesima udienza del processo sulla “frode Carosello”, dedicata all’esame del teste Nicola Di Girolamo, già senatore del PdL.


Ma, soprattutto, nel corso del lungo esame ad opera del sostituto procuratore Giovanni Bombardieri, Di Girolamo ha confermato che le operazioni legate alle schede telefoniche, a suo avviso, avevano una sostanza reale. Nulla, in altri termini, lasciava intravvedere che si trattasse di operazioni fittizie. Anche dalla testimonianza di Di Girolamo prende consistenza l’ipotesi che le attività fossero vere o quantomeno avessero caratteristiche tali da apparire realistiche anche agli occhi di chi, come Di Girolamo, frequentava assiduamente l’organizzazione.


E, a maggior ragione, al mondo esterno, comprese le società telefoniche toccate dalle operazioni. A questo proposito, tra l’altro, Di Girolamo si è limitato a dire di aver sentito parlare, tramite Focarelli, di rapporti con funzionari delle società telefoniche senza citare alcun nome.


L’illecito, dunque, potrebbe riguardare la sola frode fiscale di cui lo stesso Di Girolamo, che per professione è avvocato tributarista, afferma di aver avuto conoscenza solo nel tempo.


Il controesame dell’ex senatore ad opera delle difese di alcuni imputati proseguirà nell’udienza di stamane.


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