Fattore Umano | L’inferno di Petrusa


Un’interrogazione dell’On. Bernardini dopo la visita ispettiva nella casa circondariale di Agrigento: dove non funziona il riscaldamento, è complicato lavare se stessi e le celle, mancano agenti, psicologi e assistenti. E c’è chi va in giro con due scarpe diverse, perché non ha i soldi per comprarle



Manca pure il riscaldamento. Laconico, il comandante di Polizia penitenziaria osserva: «In  sette anni non è mai entrato in funzione». Cose che capitano nel carcere di Agrigento, sovraffollato come tutti gli altri in Italia: 421 detenuti ristretti, a fronte di una capienza regolamentare di 250 posti. Di questi, poco più della metà scontano una condanna definitiva, gli altri sono in attesa di giudizio.


Il 30 dicembre scorso c’è stata la visita ispettiva dell’onorevole radicale Rita Bernardini, da cui è nata un’interrogazione rivolta al Ministero della Giustizia.



Nella sezione Asia,  in celle da 8 mq, previste in origine per un solo detenuto, ne convivono  2 o 3, a seconda dei periodi, messi in pila su letti a castello. Non ci sono le docce e le celle appaiono in condizioni pessime: «I tubi sono marci e ci sono problemi di manutenzione, abbiamo problemi di budget», dice chi vi lavora in condizioni altrettanto problematiche.


Le difficoltà riguardano poi anche altri aspetti: l’assistenza sanitaria, il monte ore degli psicologi (si stima un disagio psichiatrico nell’ordine del 15 per cento dei ristretti), ci sono detenuti che non hanno i soldi nemmeno per le ciabatte, e il detersivo per pulire viene dato una volta al mese «e finisce sempre in 14 giorni». Insomma non si riesce neanche a lavarsi e a pulire gli ambienti, come si dovrebbe.


Forse è per questo che un detenuto romeno, con condanna definitiva, arriva ad esclamare una cosa del genere: «Sono stato in carcere in Germania, Russia e Romania, ma qui è peggio».




Il testo integrale dell’interrogazione al Ministero della Giustizia preparata da Rita a seguito dell’ispezione al carcere di Agrigento


Al Ministro della Giustizia.


Per sapere – premesso che:


il 30 dicembre 2011 la prima firmataria del presente atto si è recata in visita ispettiva presso la casa circondariale di Agrigento, accompagnata dagli esponenti radicali di Palermo e Catania, Donatella Corleo e Gianmarco Ciccarelli.


La delegazione è stata ricevuta e accompagnata dal comandante di Polizia penitenziaria Giuseppe Lo Faro e dal responsabile dell’area educativa Giovanni Giordano; la visita ha avuto una durata di circa cinque ore; la situazione riscontrata è la seguente: la struttura sorge in contrada Petrusa, una zona distante dal centro abitato, ed è stata inaugurata nella metà degli anni ’90; l’istituto è gravemente sovraffollato: a fronte di una capienza regolamentare di 250 posti, i detenuti ristretti all’interno della casa circondariale sono 421 (di cui 397 uomini e 24 donne); i detenuti in attesa di giudizio sono 188 (106 in attesa di primo giudizio, 52 appellanti, 30 ricorrenti), mentre quelli che scontano una condanna definitiva sono 225; l’istituto inoltre ospita 5 internati e 3 persone in regime di semilibertà; i detenuti stranieri sono 113 (108 uomini e 5 donne), soprattutto di nazionalità tunisina e rumena; «in questo periodo natalizio i detenuti sono un po’ meno del solito, in media l’istituto ospita 460/470 detenuti e abbiamo raggiunto anche punte di 500», dice il comandante Lo Faro.


In questa casa circondariale, nonostante l’elevato tasso di sovraffollamento, vengono periodicamente trasferiti detenuti provenienti da istituti di pena del centro-nord (soprattutto della Lombardia).


Dei 270 agenti di Polizia penitenziaria assegnati alla casa circondariale di Agrigento, a fronte di una pianta organica che ne prevede 245, sono presenti 150 agenti mentre i restanti 120 risultano assenti (per congedi ordinari, riposi, congedi straordinari parentali, ospedale militare, malattia, permessi ex legge 104, permessi sindacali, missione ad altra sede, distaccati ad altra sede).


L’assistenza sanitaria è assicurata 24 ore su 24 da una guardia medica e da un infermiere; le branche specialistiche presenti all’interno del carcere sono cardiologia, psichiatria, odontoiatria e radiologia; per le altre visite specialistiche è necessario ricorrere a strutture ospedaliere esterne; il carcere è dotato di 3 defibrillatori; i detenuti tossicodipendenti sono 76, di cui poche unità in trattamento metadonico; secondo quanto riferito dal dirigente sanitario, «i casi psichiatrici sono molti, almeno un 15% dei detenuti»; si registrano diversi casi di detenuti affetti da epatite, tubercolosi, «e questa mattina abbiamo avuto un caso di scabbia», informa il comandante di Polizia penitenziaria.


La relazione della ASL per verificare le condizioni igienico-sanitarie dell’istituto viene effettuata «ogni tanto, ma non con cadenza semestrale», secondo quanto riferito.


L’assistenza psicologica, effettuata da 2 psicologi per un totale di sole 10 ore al mese, risulta essere del tutto inadeguata.


Gli educatori in servizio sono 6; secondo quanto riferito dal dott. Giordano, sono attive classi di scuola elementare, media inferiore e media superiore (istituto alberghiero) e vengono effettuati corsi di musico-terapia, arte-terapia, progetto yoga.


La casa circondariale ospita detenuti in regime di alta sicurezza e detenuti comuni in media sicurezza; è presente anche un reparto “protetti” e il reparto femminile; nell’area in cui era ubicato il campo sportivo, è attualmente in costruzione un nuovo padiglione destinato ad ospitare 200 detenuti.


La delegazione visita la sezione “Asia” – 2° piano, sinistra – dove incontra detenuti in regime di media sicurezza; le condizioni strutturali e gli impianti risultano inadeguati e pertanto la struttura allo stato attuale non appare idonea alla sua destinazione di ambiente detentivo; ciascuna delle celle misura circa 8 mq e dovrebbe essere destinata ad ospitare un detenuto, mentre invece vi sono ristretti due o (più frequentemente) tre detenuti, sistemati in un letto a castello; oltre alle sbarre sono applicate alle finestre delle speciali gelosie (le cosiddette “bocche di lupo”) che impediscono la visuale esterna e limitano l’ingresso di luce naturale; le celle non sono provviste di doccia e le docce comuni, realizzate per servire un’utenza molto minore, sono poche e si presentano in condizioni pessime: si registrano perdite d’acqua e perfino il tetto scrostato gocciola; «i tubi sono marci e ci sono problemi di manutenzione, abbiamo problemi di budget», viene riferito; ai detenuti l’utilizzo della doccia è consentito soltanto tre volte alla settimana, a causa della carenza di acqua; un’altra grave criticità è l’assenza di riscaldamento: «sono qua da sette anni e i riscaldamenti non li ho mai visti in funzione», sottolinea il comandante.


Nella cella n.13 sono ristretti 3 detenuti fra cui S.G., residente ad Acireale (Catania), che lamenta: «mi hanno rifiutato l’affidamento ai servizi sociali perché non ho un lavoro, ma io ho 65 anni, ho il cerotto al cuore!», e aggiunge: «nel carcere di piazza Lanza stavo meglio, almeno lì avevo la doccia in cella; sono preso di malinconia: non ricevo posta, non faccio mai un colloquio con nessuno»;


F.O., detenuto nella cella n.12, racconta di aver fatto in passato uso di sostanze stupefacenti e di avere un bimbo di 6 anni che non vede da 4 anni; «in tutto questo tempo non l’ho sentito nemmeno per telefono, lui sta a Roma con la madre, vorrei che qualcuno mi aiutasse»;


la delegazione incontra nel passeggio alcuni detenuti del 1° piano, sinistra, che trascorrono l’ora d’aria;


R K. è un detenuto tunisino trasferito ad Agrigento dal carcere di Mantova per “sfollamento”: «lì avevo i familiari vicini, ho anche una figlia di 4 anni che non vedo da 2 anni; da quando sono in Sicilia non ho più visto nessun familiare, per questo ho fatto richiesta di trasferimento, ma non ho ricevuto risposta»;


Anche D.S. non ha ricevuto alcuna risposta in seguito alla sua richiesta di essere trasferito in un carcere più vicino alla famiglia: «ho due figli di 5 e 7 anni, da quando sono in questo carcere non li vedo, prima ero detenuto a Reggio Calabria e ho fatto richiesta per poter ritornare in quel carcere, ma ancora niente, nessuno mi ha detto niente»;


G.B., residente a Rosarno (Reggio Calabria) dice: «sono stato sfollato dal carcere di Palmi e ho fatto richiesta di avvicinamento perché mia moglie è gravemente malata, vorrei starle vicino»;


F.E., detenuto tunisino, racconta: «sono in Italia da 25 anni, sono stato per 5 anni a Regina Coeli e da 9 mesi mi hanno sfollato qua»;


G.P.V., ventunenne, è stato sfollato dal carcere di Catania Piazza Lanza e ha chiesto di poter tornare a Catania o almeno essere trasferito in un istituto più vicino («ad esempio Augusta o Gela») perché la madre è malata di cancro;


E.P., detenuto albanese, racconta di essere stato trasferito («per sfollamento, senza aver preso un rapporto») dal carcere di Padova al carcere di Treviso, e poi ad Augusta e infine ad Agrigento: «ho due figli piccoli, l’ultimo non l’ho mai visto, la mia famiglia vive a Padova, per questo ho fatto domanda per ritornare a Padova»;


la condizione dei detenuti, in particolare degli stranieri, è di estrema povertà; «qui per noi è più difficile, nessuno lavora e non abbiamo soldi», riferiscono alcuni detenuti stranieri; alcuni detenuti non possiedono nemmeno un paio di ciabatte; «non posso comprarmi il caffè o le sigarette, vorrei andare in un carcere dove posso lavorare, i miei familiari non sono qua: «chi mi dà i soldi se non lavoro?», lamenta un detenuto; molti riferiscono di non avere i soldi per acquistare il sapone e lo shampoo o per telefonare ai familiari lontani; un ragazzo ha la scarpa destra diversa dalla scarpa sinistra: “non ho nulla, me le hanno regalate gli amici detenuti”


T.T., detenuto tunisino, dice di non aver i soldi per telefonare alla famiglia, e aggiunge: «in questo carcere non c’è un barbiere, io chiedo di poter fare il barbiere ma non me lo fanno fare»;


un detenuto egiziano dice che la sua famiglia non sa nemmeno che lui si trovi ristretto qui: «non sanno niente, nemmeno se sono vivo o morto»;


R.F.B.M. dice di essere recluso in questo istituto da 9 mesi e di non aver mai potuto telefonare alla sua famiglia che sta in Tunisia: «faccio sempre domandine senza mai ricevere risposta”, spiega; in condizione analoga I.M.S., detenuto egiziano, che aggiunge: “vorrei fare scuola, almeno per imparare l’italiano»;


«il mangiare non è buono, la frutta e il pesce non si possono mangiare», lamentano alcuni; «qui siamo trattati come animali, ci danno un solo bicchiere di detersivo al mese per cella, ma finisce in 14 giorni»;

«l’acqua calda finisce dopo due ore, dopodiché gli altri la fanno con l’acqua fredda», segnalano i detenuti;


alcuni detenuti stranieri non parlano l’italiano; la casa circondariale di Agrigento, sebbene la presenza di stranieri sia numerosa, non è dotata della figura del mediatore culturale;


un detenuto tunisino dice di aver presentato istanza per poter scontare la pena nel suo paese, senza avere ancora ricevuto alcuna risposta;


alcuni detenuti lamentano carenze nell’assistenza medica: «quando uno sta male gli danno sempre l’aspirina»; «l’aspirina cura tutto…»;


M.N., detenuto tunisino di 36 anni, dice: «sono qui da un anno, prima ho fatto sei mesi in carcere a Ragusa, sono un ex tossicodipendente, vorrei l’assistenza del Sert per una terapia adeguata, ho fatto 7 o 8 domande ma non mai ricevuto risposte»;


il magistrato di sorveglianza è al centro delle lamentele di molti detenuti: «non accetta niente, raramente concede permessi», e ancora: «incontrarlo è difficile, non l’abbiamo visto mai o quasi, e quando viene non parla con nessuno e si limita a passare dal corridoio senza entra renelle celle»;


molti detenuti hanno da scontare pene residue inferiori ai 12 mesi ma non sono riusciti ad ottenere la detenzione domiciliare ai sensi della legge 199 del 2010;


la delegazione visita la sezione “Omega”, dove sono reclusi 44 detenuti “protetti”;


un detenuto lamenta: «in 29 mesi che sono qua non ho mai visto il magistrato di sorveglianza»; e ancora: «vorrei studiare, ma in questa sezione non si può andare oltre la terza media»;


«in questa sezione è attiva una sola classe (elementare e media), perché i detenuti non possono uscire dal reparto», informa il dott. Giordano; i detenuti lavoranti svolgono il proprio lavoro esclusivamente all’interno del reparto;


nella cella n.1 il bagno è a vista;


un detenuto lamenta: «il problema principale è l’assistenza medica: io soffro di diabete, ho un tendine fuori posto, ho l’artrosi cervicale; a volte mi visitano, ma di concreto niente!»;


Un detenuto di nome G.C. racconta di aver recentemente subito un intervento chirurgico senza che poi siano seguite visite di controllo: «a maggio mi hanno tolto una cisti, mi hanno detto che avrei dovuto fare una visita di controllo dopo tre mesi, ma di mesi ne sono passati sette e ancora niente»;


V.V., detenuto di 71 anni, dice di aver tentato il suicidio: «soffro d’ulcera, sono operato di stomaco, il mio intestino è malato, qui non mi curano, ho provato ad impiccarmi: mi ha salvato il mio compagno di cella con una guardia»; e ancora, piangendo: «mi restano 4 mesi da scontare ma le mie condizioni di salute sono pessime, ho paura di non farcela a uscire vivo da qui; io sto male, sto morendo!»;


un altro detenuto anziano, da poco trasferito ad Agrigento dal carcere di Siracusa, piange, singhiozza e si dispera: «nessuno ha avvisato mia moglie che ero qua, è andata a trovarmi al carcere Cavadonna (Siracusa), ha fatto un viaggio a vuoto, mia moglie ha 75 anni»;


un detenuto definitivo ristretto nella cella n.8 dice di non aver ancora potuto leggere le motivazioni della sentenza di Cassazione in forza della quale è ristretto: «già sono passati più di tre mesi dalla Cassazione, ma ancora non ho visto la motivazione»;


alcuni detenuti lamentano l’assenza di attività: «qui non si fa niente, non c’è nemmeno la palestra»;


il rapporto con gli agenti di polizia penitenziaria è buono: «gli agenti sono corretti, si comportano bene», riferiscono molti detenuti;


alcuni detenuti lamentano l’inadeguatezza dello spazio esterno: «avete visto i passeggi? Io preferisco rimanere in cella durante l’ora d’aria», lamenta un detenuto;


l’area esterna della sezione Omega è di dimensioni ridotte, e consta di 7 piccoli passeggi a cui si accede da un corridoio esterno lungo e stretto; i passeggi dal n.1 al n.5 sono spazi di pochi metri quadrati; i passeggi n.6 e n.7 sono leggermente più ampi;


incontriamo 5 detenuti nel passeggio n.7, che presenta una rete metallica nella parte superiore ed è dotato soltanto di un degradato wc alla turca;


un detenuto rumeno con condanna definitiva dice di aver fatto richiesta di poter scontare la pena nel suo paese: «perché non mi ci fanno andare? Io sono disposto anche a pagarmi il biglietto aereo»; e ancora: «sono stato in carcere in Germania, Romania e Russia, ma qui è la situazione peggiore»;


la delegazione visita la sezione femminile, che ospita 24 detenute (19 italiane e 5 straniere); le condizioni strutturali del reparto sono buone; anche in questa sezione, alle finestre delle celle sono applicatele cosiddette “bocche di lupo”; non è presente un servizio di parrucchiere; fra le attività svolte, si segnala un corso per la lavorazione della ceramica; una detenuta racconta: «ho una condanna definitiva per un fatto che risale a tempo addietro, circa 10 anni fa: purtroppo, quando le cose per me si erano sistemate, è arrivato il carcere»; «in confronto ad altre carceri qui si sta bene», dicono le detenute;


nella casa circondariale di Agrigento, sebbene vi siano ampi spazi esterni, non è funzionante l’area verde per lo svolgimento dei colloqui tra i detenuti e i familiari minori:-


se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;


se non ritenga opportuno intervenire in modo deciso e tempestivo per fronteggiare il drammatico sovraffollamento della casa circondariale di Agrigento e, a tal fine, quali urgenti iniziative intenda assumere per far rientrare l’istituto nella dimensione regolamentare dei posti previsti;


quali atti intenda assumere affinché sia garantito il rispetto del terzo comma dell’articolo 27 della Costituzione;


quali urgenti provvedimenti intenda adottare per colmare il deficit di organico di polizia penitenziaria, posto che la grave carenza di agenti determina seri rischi in termini di sicurezza e notevoli disfunzioni per la vita dei reclusi e per le condizioni di lavoro e di vita degli agenti stessi;


quali atti intenda assumere affinché sia pienamente garantito il diritto alla salute delle persone ristrette;


se ed in che modo si intendano potenziare le attività trattamentali, in particolare quelle lavorative, scolastiche e di formazione e in  che modo si intendano recuperare spazi per le attività sportive, atteso che sul campo di calcio è già in costruzione un nuovo padiglione;


se intenda adoperarsi per quanto di competenza al fine di potenziare l’assistenza psicologica ex articolo 80 ordinamento penitenziario;


se, in che modo e in quali tempi, intenda intervenire per rimuovere tutte le carenze strutturali che contrastano con la normativa vigente: dai wc a vista presenti in alcune celle, alla mancanza dell’area verde per i colloqui dei detenuti con i loro familiari; dalle “bocche di lupo” presenti nelle celle, alla totale assenza del riscaldamento;


se, in che modo e in quali tempi, intenda intervenire per assicurare che le celle siano dotate di servizi igienici in conformità alle prescrizioni dell’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000;


se, e in che modo, intenda intervenire rispetto ai casi segnalati in premessa;


a quando risalgano e cosa vi sia scritto nelle relazioni semestrali delle Asl sulle condizioni igienico-sanitarie della Casa Circondariale di Agrigento;


quali iniziative di propria competenza intenda assumere in relazione alle criticità rappresentate in premessa con riferimento al ruolo della magistratura di sorveglianza;


quanti e di che tipo siano i benefici e le misure alternative alla detenzione adottate dalla magistratura di sorveglianza di Agrigento anno per anno, negli ultimi 5 anni; quanti e di che tipo siano i rigetti operati dalla magistratura di sorveglianza di Agrigento, anno per anno, negli ultimi 5 anni;


in che modo intenda operare per ripristinare il principio della territorializzazione dell’esecuzione della pena, evitando i costosissimi sfollamenti dalle carceri di altre regioni, prevalentemente del centro e del nord, atteso che anche la casa circondariale di Agrigento è gravemente sovraffollata e che la lontananza dal domicilio spesso è motivo di sofferenza per le persone ristrette e per i loro familiari, anche minorenni;


quali iniziative urgenti intenda adottare, in definitiva, al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all’interno dell’istituto penitenziario di Agrigento alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo;


se non intenda il Ministro della Giustizia prendere in considerazione un’ipotesi normativa che stabilisca che un istituto penitenziario non possa superare il numero dei posti regolamentari per i quali è stato progettato.


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