Fattore Umano | Basta col carcere che «tortura»


Radicali in piazza ieri a Roma in occasione della discussione in Senato del “Decreto Legge Severino” sul sovraffollamento carcerario il cui esame è in programma questa mattina. L’On. Bernardini: «Necessaria una riforma strutturale per uscire dalle illegalità»



Irene Testa, Segretario dell'Associazione Il Detenuto Ignoto alla manifestazione di ieri, a Roma.


Presidio a Roma, ieri, in piazza del Pantheon, in occasione della discussione in Senato del “Decreto Legge Severino” sul sovraffollamento carcerario e non solo. A promuovere l’iniziativa l’associazione Il Detenuto Ignoto, insieme al Comitato Radicale per la giustizia Piero Calamandrei. Una manifestazione per sottolineare, ancora una volta, l’inefficienza della giustizia italiana e chiedere provvedimenti più incisivi rispetto a quelli fin qui adottati. Senza perdere tempo. Come sottolinea l’On. Rita Bernardini: «l’irragionevole durata dei processi e le condizioni letteralmente criminali in cui sono tenuti i nostri detenuti hanno portato la giustizia nella più totale illegalità». «Per questo – aggiunge – bisognerebbe rimuovere immediatamente le cause, cosa che in Italia non viene fatto da anni. Chiediamo una riforma strutturale che rimetta in moto la giustizia, che costa tantissimo ai cittadini italiani».



«Il cosiddetto “pacchetto svuotacarceri” – sottolinea Irene Testa, segretaria dell’Associazione Detenuto Ignoto – farà uscire 3mila persone. Una cifra minima, che non rappresenta nulla. Neppure un pannicello caldo. Anche le misure dell’ex ministro Alfano prevedevano l’uscita di 8mila detenuti. Ma tutto si è ridotto poi a meno della metà».


Alla manifestazione hanno partecipato anche la senatrice Donatella Poretti, Marco Pannella e l’avvocato Giuseppe Rossodivita, Segretario del Comitato Radicale per la giustizia Piero Calamandrei, che ha invitato a decidere «se vogliamo la tortura o se in questo Paese vogliamo una situazione delle carceri che porti a considerare sia gli imputati in custodia cautelare sia i condannati come persone che debbono semplicemente – perché così prevede la nostra costituzione essere privati della libertà personale». «Invece – conclude – non vi è nemmeno il diritto alla salute, della dignità di essere uomini. E questa è tortura».


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