Mario Rossetti: cento giorni

Cento giorni in una cella di venti metri quadri, da dividere in cinque. Un gulag di sovietica memoria? Una prigione afghana o pakistana? Nulla di tutto ciò. Succede invece a Roma, precisamente a Rebibbia, nel carcere della “caput mundi” che ospita (si fa per dire) 1700 persone secondo i dati forniti, nell’Italia dei 68.700 detenuti: un record nella storia della Repubblica.


“Una situazione allo sfascio”, per una struttura che dovrebbe ospitarne 1.200. Ma è questa l’Italia penitenziaria. E fra le storie (tra le tante) quella di Mario Rossetti, raccontata in un articolo dal quotidiano il Riformista.


A Rossetti, scrive Jacopo Matano: “Il combinato disposto con il sovraffollamento ha dato origine a un paradosso: se non avesse scelto di condividere la cella con altri cinque detenuti sarebbe, praticamente, in isolamento”. Come racconta al giornale il deputato radicale Rita Bernardini, in visita il 2 giugno al carcere: “Non può andare a messa, non può frequentare molti dei corsi. E poi non ha diritto di ricevere le visite dei familiari nell’area verde”. Per questo, per non farsi vedere dai figli dietro le sbarre (Giorgio di 9 anni, Luise di 8 e Leone di 2), Mario Rossetti ha detto che preferisce non incontrarli.


A nulla vale per i giudici il fatto, come ricorda il Riformista, che Rossetti sia indagato per “operazioni” che riguardano il 2002-2003”, e che dal 2005 non ricopre più l’incarico di direttore amministrativo e finanziario di Fastweb.


“In Italia – prosegue il racconto di Rita Bernardini – circa la metà dei detenuti sono in attesa di processo. La carcerazione preventiva andrebbe applicata solo in casi eccezionali”. Ma non è così, l’eccezione è diventata la regola.


Sappiamo però che Rossetti, benché provato, non si perde d’animo. E che tra le altre cose, per riempire il tempo, sta aiutando altri detenuti, a scrivere delle lettere e dando conforto. E ha già deciso che anche da libero non dimenticherà tutto quel che ha visto.



4 Commenti a “Mario Rossetti: cento giorni”

  • kiki:

    …100 GIORNI di sofferenza…figli piccoli senza padri, mogli senza mariti, genitori senza figli…Famiglie distrutte e costrette a sopportare questa profonda ingiustizia!
    Io spero solo che tutti coloro che sono coinvolti in questa assurda vicenda trovino la forza di reagire!!!

  • Patrizia P.:

    “Sappiamo però che Rossetti, benché provato, non si perde d’animo. E che tra le altre cose, per riempire il tempo, sta aiutando altri detenuti, a scrivere delle lettere e dando conforto. E ha già deciso che anche da libero non dimenticherà tutto quel che ha visto.”
    …..parole per riflettere,….per stimare ancora di più un uomo che nonostante l’assurda situazione nella quale si trova a vivere,non perde coraggio,non perde l’equilibrio e trova ancora la capacità di “dare”aiuto e conforto a chi ritiene ancora meno fortunato di lui!
    E’ una grande lezione per tutti noi!!!
    Sicuramente ci sarà una nuova consapevolezza e una grande voglia di cambiare il mondo perchè non siano inganno,ingiustizia,irresponsabilità gli unici valori perseguibili!!!

  • Nick:

    Per me l’invidia è un sentimento buono.
    Io invidio con tutto me stesso chi ha avuto l’occasione di mettere tra se e l’italia una distanza abissale.
    Non si può rimanere indifferenti di fronte allo schifo che quotidianamente ci circonda.
    Chi può scappare per sempre da un paese come l’italia, malata terminale e senza speranza, non ha la percezione esatta della propria immensa fortuna.
    Chi crede preghi per Rossetti e per tutti gli sfortunati come lui.

    Nick

  • giovanni:

    Credo che nessuna delle persone perbene sequestrate dai magistrati romani a Rebibbia da 100 giorni dimenticherà mai l’esperienza fatta e credo che, benchè prostrati, i più potranno uscirne anche rafforzati. La battaglia che dovremo condurre insieme a loro e per la nostra libertà, però, sarà quella di affermare nuove regole per la responsabilità dei magistrati.
    Non possiamo lasciare che degli ottusi combinino, con leggerezza, danni inenarrabili alle persone ed alle loro famiglie (compresi i figli minori) senza pagare mai.
    Credo che vada costituito un pool di avvocati che, alla fine, studi il modo in cui i danni patiti dai “sequestrati di Rebibbia” siano fatti civilmente, amministrativamente e contabilmente pagare a chi li ha prodotti.

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