Anche Scaglia simbolo di giustizia negata


Adriano Sofri scende in campo sulla condizione delle carceri





Anno 2011, il carcere dopo Cristo”. Adriano Sofri, dalle colonne di Repubblica lancia un disperato appello sulla situazione delle carceri italiane, accendendo i riflettori su una  situazione esplosiva. A chiusura del suo appello, Sofri fa riferimento alla situazione di alcuni casi esemplari, oggetto delle cronache politiche-giudiziarie, tra cui promuove l’ingegner Silvio Scaglia assieme ad altri personaggi famosi, comunque sotto i riflettori.





Ma l’intento è lodevole: riproporre all’attenzione dell’opinione pubblica, continuamente sviata da emozioni forti, politicamente mirate e intellettualmente non sempre oneste, il tema della giustizia negata. Cosa che riguarda un “colletto bianco” come Silvio Scaglia, da quasi un anno privato della libertà personale per “gravi indizi” mai sottoposti ad un serio esame, degno di una società civile, così come tutti i cittadini che, sottolinea Sofri, “dovrebbero inquietarsi delle condizioni delle carceri anche se immaginano, buon per loro, di non doverci finire mai”. Ma che assume un valore particolare per “quei 70mila detenuti, senza faccia, senza nome – se non nelle statistiche sui decessi – con la loro branda a castello e il loro fornelletto da sniffare e farsi il caffè, prima che gli tolgano anche quello”.


È difficile che l’ingegner Scaglia possa rallegrarsi per il fatto di essere stato “promosso” da Sofri al rango di caso giudiziario di scuola, emblematico del funzionamento della macchina giudiziaria italiana (non parliamo di giustizia, per carità). Più facile che l’ingegnere, che ha provato sulla sua pelle per tre mesi le condizioni di vita a Rebibbia, sia sensibile e solidale nei confronti di detenuti, magari per reati lievi, che sono alla balìa di provvedimenti di legge ispirati più all’opportunità politica che alla volontà di render giustizia.


Una situazione che non riguarda solo il Parlamento dove, spiega Sofri, in questi anni si è legiferato in questi anni all’insegna di emozioni e di sussulti emotivi, ma anche la giurisprudenza, ad ogni livello, che tiene in massimo grado conto delle esigenze dell’accusa, ma non dei diritti degli imputati. Al punto che Scaglia si avvia a “festeggiare” (si fa per dire), un anno di mancata libertà da quando decise di presentarsi spontaneamente per aiutare a far luce sulla “frode Carosello”. In questo senso c’è un filo comune che lega le ordinarie violenze della realtà carceraria contro i più umili a quanto sta subendo il fondatore di Fastweb. Insomma: “L’ingiustizia è uguale per tutti”.


1.479 Commenti a “Anche Scaglia simbolo di giustizia negata”

  • giovanni:

    La verità è una: il nostro sistema processuale fa pena!
    I PM possono permettersi di sprecare soldi pubblici e di rovinare la vita al prossimo perchè tanto nulla pagano. Basta leggere gli atti che producono per “provare” la colpevolezza degli imputati al processo TIS-Fastweb per intendere come questi signori, lungi dall’aver approfondito la materia d’indagie, si sono formati degli schemini preconcetti nei quali hanno sudato per ricomprendere tutto, anche quello che per logica avrebbe consigliato una persona prudente a fermarsi e riconsiderare tutto. Strano, poi, che nonostante tutti gli approfondimenti, specie quelli che sono stati effettuati con rogatoria, non abbiano saputo mettere in evidenza null’altro se non la buona fede di manager come Scaglia, Mazzitelli, Comito e Catanzariti.
    Il problema è che costoro, a differenza di quanto avviene negli Stati Uniti, possono sbagliare quanto vogliono, tanto con i loro errori.. fanno carriera.

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“Questo Blog è dedicato alla figura di Silvio Scaglia, imprenditore ed innovatore, protagonista di start up (Omnitel, Fastweb, Babelgum) oggi impegnato in nuove sfide come il rilancio de La Perla, marchio storico del made in Italy. E' un luogo di informazione e di dibattito per tutti gli stakeholders (dipendenti, collaboratori, clienti) ma anche comuni cittadini che hanno seguito le vicende in cui Scaglia, innocente, si è trovato coinvolto fino alla piena assoluzione da parte della giustizia italiana.” - Stefania Valenti, Chief Executive Officer Elite World