Udienza 38


Il traffico telefonico era reale e le numerazioni 00688 su Tuvalu erano attive sul mercato inglese, come verificato dai controlli interni e personalmente da Merzi su un sito indipendente britannico. Per l’allora responsabile dell’Ufficio legale, Giuliana Testore, l’iter dei contratti era corretto e non presentava anomalie. Beverly Farrow, su audit Phuncard: Fastweb commercializzava le carte per conto di CMC guadagnandoci un margine ed aveva la cassa necessaria per farlo. E aggiunge: CMC era piccola, non avrebbe potuto permetterselo. Sono queste alcune delle novità emerse in aula dalle testimonianze di manager ed ex manager di Fastweb


Ad inaugurare la sfilata dei testi, che si protrarrà per diverse udienze, sono stati: Luca Merzi, responsabile dell’audit dal 2004 e, in questa veste, protagonista dell’audit sul “Traffico telefonico” del 30 novembre 2006 chiesto dal Comitato Direttivo per analizzare a tutto tondo i rapporti legali, fiscali, amministrativi e tecnologici tra gli uffici di Fastweb e le società I-Globe e Diadem Ltd.; Giuliana Testore, all’epoca responsabile dell’Ufficio legale, chiamata ad illustrare le caratteristiche dei contratti con CMC e le modifiche apportate nel tempo; Beverly Farrow, che effettuò l’audit sull’operazione Phuncard.


Da queste tre testimonianze si sono ricavati elementi utili per ricostruire il reale funzionamento delle operazioni. Luca Merzi, in particolare, ha fatto rilevare che il “traffico telefonico” era sì un business “non-core” per Fastweb ma comunque in linea, per volumi e ricavi, con le caratteristiche del mercato dell’epoca (24,7 miliardi di Euro nel 2005). Di fatto, nell’arco di tempo dell’intera operazione (dal 2004 al 2006), il traffico telefonico ha garantito a Fastweb una marginalità nell’ordine del 5-6%, nella media del settore. Certo, esisteva un rischio di credito legato alle controparti ma si trattava di un rischio relativo viste le modalità a cascata adottate: Fastweb, in sostanza, pagava solo dopo aver incassato. In sintesi, il “traffico telefonico” produceva un margine discreto, pari allo 0,8% del margine totale della società.


Una volta spiegata la convenienza economica di Fastweb ad occuparsi di quest’area di business, Merzi ha affrontato il tema più “caldo”: era lecito avanzare sospetti sull’eventuale natura fittizia delle controparti? Al proposito, il responsabile dell’audit ha risposto che le verifiche tecniche effettuate sull’andamento giornaliero del traffico, così come risultava dai tabulati del traffico “billati” dall’azienda, testimoniavano l’esistenza di un traffico effettivo e non fittizio. Non solo. A rafforzare i controlli interni, un’ulteriore verifica svolta da Luca Merzi stesso, sul sito britannico www.icstis.org.uk dell’Independent Committee for the Supervision of Standards of Telephone Information Services (ora PhonepayPlus, Agenzia inglese che regolamenta i servizi telefonici a pagamento) che confermava l’attività e il regolare funzionamento delle linee 00688. Le uniche anomalie riscontrate dall’audit interna riguardavano le caratteristiche formali del contratto (ma usuali nelle aziende) e legate al fatto che Diadem era un’azienda giovane e, come tale, non ancora in grado di produrre i suoi bilanci. Anche l’audit svolto successivamente da KPMG su incarico di Swisscom, confermò le stesse posizioni.


A domanda del Collegio dei giudici se si fosse potuto stabilire la natura del traffico, la risposta di Luca Merzi è stata che solo un’intercettazione l’avrebbe potuto accertare. Fastweb non avrebbe mai potuto capire con i mezzi che un’azienda aveva a disposizione che c’era una frode visto che non aveva evidenza della circolarità. La stessa Guardia di Finanza, del resto, ha avuto bisogno di anni di indagine per venire a capo dell’operazione.


Comunque, dopo l’audit e le rivelazioni dei giornali dell’epoca sulla frode fiscale, il CdA di Fastweb diede tempestivo ordine di chiudere il business per motivi precauzionali. Fu una decisione presa coralmente su spinta di Parisi con l’appoggio di Scaglia.


Giuliana Testore e Beverly Farrow hanno invece parlato del tema “Phuncard”. La modifica del contratto con CMC, da compravendita a mandato senza rappresentanza, spiega la ex responsabile dell’Ufficio legale, è stata voluta da Fastweb per motivi di correttezza contabile: Fastweb, ha detto la Testore, doveva contabilizzare solo i margini sulle “Phuncard” senza tener conto di costi/ricavi. L’iter del contratto con CMC, pervenuto all’ufficio competente attraverso Bruno Zito, cioè dal settore commerciale, era perfettamente normale.


Infine, Beverly Farrow ha spiegato perché, nell’operazione Phuncard, Fastweb sia stata l’interfaccia tra CMC e le società inglesi. Primo, perché questo meccanismo consentiva di ricavare un margine. Secondo, la stessa Fastweb aveva una cassa abbastanza capiente per far funzionare l’operazione: per CMC, invece, questo andava al di là delle sue potenzialità economiche.


Il capitolo Fastweb sarà oggetto anche delle prossime udienze. Il calendario prevede che lunedì 18, tra gli altri, siano sentiti Carlo e Francesco Micheli oltre a Paolo Fundarò e Fabrizio Casati. Il giorno 20 dovrebbe essere la volta di Emanuele Angelidis, Mario Cacciatore e Lorenzo Macciò. Il 25, se verrà rispettata la tabella di marcia, si terrà il controinterrogatorio di Beverly Farrow, più la testimonianza di Alberto Trondoli, Stefano Faina e di Stefano Parisi.


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