Fattore Umano | Bernardini: «San Vittore sempre peggio»


Sovraffollamento, sporcizia e ozio forzato. Solo 100 detenuti su 1.600 con condanna definitiva. La deputata radicale descrive in prima persona la sua visita ispettiva nel carcere milanese. Ad accompagnarla anche Luigi Amicone, direttore della rivista Tempi, che ieri ha pubblicato questo articolo


Il 4 dicembre scorso è stata una giornata speciale a San Vittore: per la prima volta la rituale messa domenicale ha visto i detenuti presenziare alla funzione all’interno della “rotonda” centrale – dove si trova l’altare – e prendere l’ostia della comunione non da dietro le sbarre dei cancelli dei “raggi”, come fino a sette giorni prima, ma direttamente dalle mani del cappellano.


Immaginando la scena che si è ripetuta settimana dopo settimana fino a questa innovazione, mi è venuto in mente ciò che mi hanno raccontato i detenuti del carcere di Gazzi a Messina, reparto “la sosta”:  gli infermieri – che spesso facevano le iniezioni per le fitte di un dolore lancinante – introducevano l’ago nel gluteo del detenuto proprio attraverso le sbarre. Nessuna pietà o decenza, nessuna umanità, né nel momento di profonda religiosità del sacramento (per chi crede), né in quello della sofferenza fisica provata da una persona ristretta in condizioni disumane.


Della novità della messa non più dietro le sbarre per i detenuti sono venuta a conoscenza in occasione della visita ispettiva che ho fatto a San Vittore assieme a Luigi Amicone, direttore di Tempi, e Leonardo Monaco, giovanissimo tesoriere dell’Associazione Enzo Tortora di Milano. «Ci dispiace – ha detto la comandante Dott.ssa Di Gioia che ci ha ricevuti insieme al Magistrato di sorveglianza Dott.ssa Fadda – che non abbiate potuto assistere a questo nuovo modo di dire messa qui a San Vittore». Durante il colloquio iniziale abbiamo rivolto domande e ricevuto risposte sulla situazione attuale dell’istituto che avevo già visitato altre volte, due da deputata; a seguito di quelle visite (2008 e 2011), avevo anche depositato due dettagliate interrogazioni e inoltrato due esposti/denuncia alla Procura della Repubblica: né il Ministro della Giustizia, né la Procura di Milano hanno mai risposto, nemmeno per dire “quanto rappresentato, non corrisponde a verità” o “non si ravvisano elementi per aprire indagini”. Silenzio.


Ebbene, la situazione a San Vittore è addirittura peggiorata. 1.600 persone sono ristrette nei 600 posti regolamentari. I detenuti stanno chiusi in cella per 20 ore senza poter svolgere alcun tipo di attività, non vengono forniti loro i detergenti né per lavarsi né per pulire la cella; le celle sono luoghi immondi dove circolano scarafaggi; le finestre non si possono aprire perché ostruite dai letti a castello… manca l’aria e di luce ne entra ben poca, tanto che devono tenere la lampadina accesa tutto il giorno. Quando entriamo nella prima cella situata al 1° piano del sesto raggio, rimaniamo sgomenti perché quattro persone, un uruguayano, un equadoregno, un filippino e un italiano, sistemati su due letti a castello, sono costretti a vivere in 7,6 metri quadrati, cioè meno di 2 mq a testa! Ma la cella successiva, come tutte le altre, sono di eguali dimensioni con la differenza che di esseri umani ne stipano 6!


È appena il caso di ricordare che la Corte Europea dei diritti umani ha già condannato più volte l’Italia per «trattamenti disumani e degradanti». Famoso è il caso del cittadino bosniaco Sulejmanovic, risarcito dallo Stato perché costretto a stare per 16 ore al giorno in una cella di tre metri quadrati. Se i carcerati di San Vittore facessero ricorso alla Corte di Strasburgo, sarebbero tutti risarciti!


Ma il dramma per loro non è solo quello del sovraffollamento. Molti vivono lontani dalla famiglia, non possono vedere mogli e figli; l’avvocato, quasi sempre d’ufficio, l’hanno visto una sola volta e nulla conoscono del processo che li riguarda; il 30% è tossicodipendente, il 64 %  è straniero senza appoggi di parentela o amicizia in Italia, i casi psichiatrici sono tantissimi, l’assistenza sanitaria in quei gironi infernali è quasi impossibile. Poco più del 10% svolge un lavoro saltuario, pochissimi hanno la possibilità di frequentare le scuole. L’ozio forzato è la regola. Inoltre, solo 100 detenuti su 1.600 hanno una sentenza definitiva, gli altri sono in attesa di giudizio e, secondo le statistiche, la metà sarà riconosciuta innocente.


L’illegalità delle condizioni di detenzione si riscontra anche per quelle di lavoro di agenti, psicologi, educatori, infermieri, personale amministrativo e sanitario. Tutta quella che Marco Pannella definisce la “comunità penitenziaria” è dolente, stremata, umiliata. Di agenti ne mancano 300 e i 700 in pianta organica, che si riducono ulteriormente per permessi speciali e malattia, devono anche assicurare i piantonamenti in ospedale dei detenuti e le traduzioni per le udienze. Al VI raggio, accade anche che alcuni piani non siano presidiati dagli agenti.


In conclusione, anche questa visita – come le altre che da radicali facciamo a centinaia nelle carceri italiane – mi ha rafforzato nella convinzione che solo l’amnistia (accompagnata da un indulto) può tornare a far vivere legge, Costituzione, diritti umani universalmente acquisiti. Che autorevolezza può avere uno Stato che per primo viola le sue leggi fondamentali? Che rieducazione può assicurare uno Stato che si comporta da decenni come un delinquente professionale? Che giustizia è quella dei procedimenti penali che muoiono a milioni – due, negli ultimi dieci anni – perché le scrivanie dei magistrati sono soffocate da milioni e milioni di faldoni impolverati? E che cittadini siamo noi tutti se tolleriamo che esseri umani siano trattati peggio degli animali? La direttiva europea 2008/120/CE del Consiglio (18 dicembre 2008) stabilisce che il suino adulto deve disporre di una superficie libera al suolo di almeno 6 mq, altrimenti l’allevatore viene multato e lo stabilimento chiuso. Riflettiamo tutti su questa giusta disposizione europea e chiediamoci, soprattutto se siamo parlamentari o presidenti della Repubblica o ministri, se qualcosa di irreparabile come i nazismi o i fascismi non sia già accaduto dentro di noi.


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