Fattore Umano | Più pena, più reati


«Chi beneficia dell’indulto è meno recidivo di chi esce dal carcere a fine pena». Luigi Manconi e Giovanni Torrente ne spiegano i motivi. Sul Messaggero di oggi, una ricerca “smonta” l’opinione diffusa in base alla quale i provvedimenti di clemenza determinano un innalzamento della criminalità


Una causa di clemenza che “condona” la pena. Ecco cos’è l’indulto. «Una misura prevista dalla Costituzione che – spiegano Manconi e Torrente – andrebbe discussa, accolta o contestata con argomenti razionali». Ma spesso questo non accade perché «il più recente atto di clemenza non produrrebbe alcun risultato positivo. O meglio: produrrebbe solo sfaceli».


Una convinzione basata su presupposti sbagliati. Come quella che “tutti gli indultati ritornano presto in galera”. Manconi e Torrente spiegano, dati alla mano, che accade esattamente il contrario: «la recidiva tra i beneficiari dell’indulto è meno della metà della recidiva ordinaria, registrata tra coloro che scontano interamente la pena in carcere». Ad avvalorare la loro tesi i dati messi a disposizione dall’Ufficio Statistiche del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che mostrano come «la recidiva dei beneficiari del provvedimento di indulto (legge n. 241 del 31 luglio 2006) relativa a reati commessi prima del 2 maggio 2006, dopo 5 anni dall’approvazione, si attesti al 33,92%».


Ma non solo: «il 68,45% dei soggetti scarcerati nel 1998, nei successivi 7 anni, ha fatto reingresso in carcere una o più volte. Il dato della recidiva dei beneficiari dell’indulto si colloca quindi su un livello molto inferiore rispetto a quello rilevato in un monitoraggio “ordinario”». Appare quindi evidente che questo atto di clemenza può diventare una “messa alla prova” efficace. E necessaria.


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