Fattore Umano | 1° maggio senza sapone. E senza lavoro


Da Il Fatto Quotidiano la testimonianza dei detenuti di Ristretti Orizzonti presso la Casa di reclusione di Padova


L’impatto con il carcere di oggi è drammatico, e lo è in particolare per le persone giovani o al primo reato. Forse gli spazi ridotti non hanno un effetto diretto su chi decide di togliersi la vita, ma se in celle dove dovrebbero stare uno o due detenuti, ne vengono invece parcheggiati tre, quattro, cinque, la mancanza di una prospettiva, l’impossibilità perfino di immaginare un progetto di vita, forse qualcosa c’entrano. Il vero problema non sono i metri quadrati della cella che si riducono, ma il regime di vita che tiene le persone stese in branda per più di 20 ore al giorno, la monotonia della quotidianità che abbrutisce e la mancanza di attività. Sembra paradossale, ma all’aumento del numero dei detenuti sono seguiti, ogni anno, ripetuti tagli ai fondi destinati al carcere.


Oggi l’amministrazione non passa quasi più nulla dei prodotti per l’igiene, come stracci, secchi, scope, che adesso vengono forniti per lo più solo a pagamento. Mentre prodotti come saponette, dentifrici, rasoi e shampoo, sono ormai forniti quasi sempre dai volontari ai detenuti poveri. La carenza d’igiene viene aggravata dal fatto che le persone devono trascorrere gran parte del tempo in cella. Le Regole europee chiamano le celle «camere di pernottamento», poiché dovrebbero essere usate, appunto, per dormire alla sera. In realtà, nella maggior parte delle carceri italiane, si può uscire dalla cella alla mattina per andare all’aria, per due ore, e lo stesso si può fare dopo pranzo, sempre per due ore.



Per il resto si deve rimanere in cella, dove ormai dappertutto hanno installato, in celle da uno o da due, la terza, e magari la quarta e la quinta branda. Per molti le uniche uscite dalla cella sono quelle per i passeggi, ma ormai “l’aria” assomiglia sempre più a un mercato affollato, i cortili sono progettati per contenere le 25 persone di una sezione, se invece ci va tutta la sezione, che ormai è fatta di 75 persone, dovrebbero stare tutti immobili perché camminare sarebbe impossibile. Tre persone che dividono circa undici metri quadri di cella producono sicuramente conseguenze psicologiche pesanti.


In quello spazio sono sistemate le brande, gli stipetti per il vestiario e un piccolo bagno con water e lavabo, il che significa che se uno si muove, gli altri devono stare fermi. Il dover trascorre intere giornate in una situazione del genere fa saltare i nervi, e uno dei problemi principali che la promiscuità causa è l’aumento del disagio mentale e della depressione. Un disagio che trova la sua diretta manifestazione nell’enorme abuso di psicofarmaci, il «contenimento chimico», come lo ha definito un sindacato della Polizia penitenziaria.

 


Anche lavarsi sta diventando un incubo. Mediamente sono funzionanti tre-quattro docce per sezione: concepite inizialmente per 25 detenuti, ora dovrebbero far fronte alle necessità di Ma il sovraffollamento influisce soprattutto sul lavoro. Nel senso che, mentre il numero dei detenuti cresce, i posti di lavoro sono sempre gli stessi. Quando spesso sentiamo dire dei detenuti «che almeno lavorino!», noi rispondiamo «magari!».


Tutti qui dentro vorrebbero lavorare, perché avere un reddito, anche se minimo, ti fa vivere in modo un po’ più dignitoso in un luogo dove di dignitoso c’è rimasto davvero poco. E però il lavoro non c’è, e di conseguenza sono pochi i detenuti che hanno la possibilità di acquistare dei prodotti alimentari extra, quindi le persone nella stragrande maggioranza aspettano che passi il carrello per consumare i loro pasti.  Ma l’amministrazione spende poco più di tre euro al giorno per i tre pasti giornalieri che spettano a ogni detenuto e, con i numeri triplicati, il cibo scarseggia sempre, e l’unico lavoro che non vuol fare quasi più nessuno è il porta vitto.


Qualsiasi ragionamento sul miglioramento delle condizioni di vita in carcere dovrebbe partire dal concetto di «riduzione del danno da carcere». E per ridurlo bisogna pensare a una galera che dia speranze concrete e offra le possibilità di progettare un futuro migliore. Perché non avere una prospettiva, non vedere nella tua vita niente che ti possa aprire uno spiraglio di speranza, si traduce in un forte rischio per le persone, ma anche per la società che prima o poi dovrà riaccoglierle.


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