Fattore Umano | Ionta: «Da parte dell’Amministrazione nessun tentativo di tacere sui dati negativi»


Da gennaio ad oggi nelle carceri italiane si sono suicidati 56 detenuti (l’ultimo “gesto estremo”, ieri, nel carcere di Livorno: un detenuto italiano prossimo alla scarcerazione che si è impiccato). Un dato «gestibile se paragonato con quelli avvenuti nel corso degli anni e negli altri paesi» ma che rappresenta «una sconfitta per il sistema penitenziario il cui compito è di garantire la vita e la salute delle persone detenute». Questa è l’opinione di Franco Ionta, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del corpo di polizia penitenziaria del Ministero della giustizia, nel corso dell’audizione del 25 ottobre in Senato alla Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani



Ionta, che ha parlato di “soli” 50 suicidii, ha tenuto a sottolineare che in altri Paesi con una popolazione carceraria di dimensioni simili alla nostra si registrano più suicidii che da noi. Sarà. Ma altre statistiche danno risultati ben più inquietanti. La ricerca Suicide en prison: la France comparée à ses voisins européens, pubblicata a dicembre 2009 dall’Istituto Nazionale francese di Studi Demografici (INED) rileva, ad esempio, che l’Italia risulta il Paese con più suicidii tra i detenuti rispetto alla media della popolazione in libertà.



La conferma arriva da Ristretti, che ogni anno elabora il dossier Morire di carcere: a fronte di un suicidio ogni 20mila persone libere, la media diventa di 1 suicidio ogni 924 detenuti (con 1 tentato suicidio ogni 70 detenuti) dietro le sbarre. Ci sono seri dubbi, insomma, sull’idoneità del nostro sistema penitenziario a garantire «la vita e la salute delle persone detenute» come ha ricordato martedì scorso, di fronte ai senatori, il capo del DAP.


Ma cosa è stato fatto (e cosa si farà) per prevenire e limitare gli atti di autolesionismo e i suicidi negli istituti penitenziari italiani? Ionta ha sottolineato in Commissione che «non si può immaginare un sistema di controllo 24 ore su 24, persona per persona», che possa «scongiurare in assoluto» il problema dei suicidii. E ha ricordato che l’Amministrazione ha «approntato una serie di interventi per poter monitorare le situazioni più a rischio». Ovvero: «intensificare i rapporti del detenuto con l’esterno aumentando la frequenza delle telefonate e degli incontri con i familiari, ad elevare il tetto di spesa settimanale e mensile a disposizione di ciascuno, oltre ad un’osservazione costante e attenta delle situazioni più critiche».


Ottime intenzioni ma che, per tradursi in realtà, hanno bisogno di quattrini, materia prima che scarseggia, al punto che risulta a rischio la stessa gestione “ordinaria” delle nostre carceri. L’ultimo allarme lanciato è arrivato da Firenze, dove il Provveditore dell’amministrazione penitenziaria in Toscana, Maria Pia Giuffrida, ha detto di non avere più nemmeno i soldi per pagare le bollette del riscaldamento. «Non possiamo imporre ai detenuti e a coloro che vigilano su di loro anche il surplus di pena del freddo da mancanza di riscaldamento. Questo – ha ribadito – è inaccettabile».


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