Fattore Umano | Antigone: le nostre carceri sono «malate»


Le prigioni malate. Presentato l’ottavo rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione in Italia

 

La diagnosi è ormai chiara: il paziente è gravemente malato. Ha bisogno di cure immediate. Il sistema penitenziario è in affanno e il sovraffollamento, unito alla carenza di fondi, sta peggiorando un quadro clinico già critico da troppo tempo.



Al 30 settembre erano 67.428 le persone recluse all’interno degli istituti penitenziari italiani, 21.611 in più rispetto alla «capienza regolamentare». Il tasso di sovraffollamento è ormai di 147 detenuti ogni 100 posti. Peggio di noi solo la Serbia: l’Italia, infatti, secondo l’ultima rilevazione del Consiglio d’Europa (settembre 2009) aveva un tasso di sovraffollamento pressoché invariato (148,2%), un triste record in Europa, superato solo dal Paese balcano (157,9%).


Sul totale dei detenuti presenti (al 30 settembre), ben 14.639 sono in attesa di primo giudizio; 28.564 sono imputati; 1.571 internati (sottoposti all’esecuzione delle misure di sicurezza detentive come colonia agricola, casa di lavoro, casa di cura e custodia, ospedale psichiatrico giudiziario). Dei 37.376 detenuti con condanna definitiva (al 30 giugno) il 26,9% ha un residuo di pena fino ad un anno e il 61,5% fino a 3 anni.


Secondo l’elaborazione pubblicata dall’Osservatorio di Antigone in base ai dati forniti dal DAP, il primato di «istituto più sovraffollato di Italia» è del carcere di Lamezia Terme con un «indice di affollamento» del 303%. A seguire il carcere di Canton Mombello a Brescia (258%) e di Busto Arsizio (253%).





Il lavoro di analisi e documentazione dell’Associazione Antigone testimonia inequivocabilmente che non c’è molto tempo da perdere: bisogna intervenire. L’universo degli istituti di pena italiani – come scrive nella prefazione al Rapporto di Giuliano Pisapia –, possono essere resi «luoghi più consoni a quella che dovrebbe essere la loro missione». Una strada percorribile dettata anche dalla nostra Costituzione che indica la detenzione non solo come punizione, ma come «percorso di recupero per chi ha infranto le leggi e commesso dei reati». Ma l’escalation, definita dal primo cittadino di Milano «paradossale ma vera», di presenze di detenuti «stipati» nelle nostre carceri, conferma la definizione di carcere come «discarica sociale».


Basta leggere i numeri. Sempre più allarmanti.


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