Fattore Umano | «Noi miserabili dimenticati»


Pubblicata sulla Gazzetta di Modena la lettera di 55 dei 70 internati della Casa di lavoro di Saliceta San Giuliano di Modena. «Ci rifiutiamo – scrivono – di credere che essere una sparuta minoranza in questo oceano di problematiche carcerarie, ci condanni e confini nel limbo del dimenticatoio»




La Casa di lavoro di Saliceta San Giuliano di Modena



«Scriviamo dalla Casa lavoro di Saliceta San Giuliano di Modena, dove al momento risultiamo essere una settantina di internati. Forse sarebbe più appropriato dire che questa lettera vi perviene dal girone dei miserabili dimenticati, perché è così ormai che abbiamo denominato questo posto. Noi tutti assistiamo con sgomento e preoccupazione agli ultimi risvolti politici in tema di materie penitenziarie. Quello che ci lascia sgomenti è che non abbiamo assistito a una sola discussione dove fosse posta al centro della questione anche la Casa di Lavoro e coloro che ne sono ospitati, gli internati ci rifiutiamo di credere che essere una sparuta minoranza in quest’oceano di problematiche carcerarie ci condanni e confini nel limbo del dimenticatoio» .




Eppure, scrivono «occorre sapere che per noi internati è già di difficile comprensione accettare il principio che regola la materia penale della casa lavoro: essere privati della libertà solo in funzione di una prognostica ipotesi di reiterazione del reato. Perché, e forse in pochi lo sanno, è questa la sola ragione che ci tiene rinchiusi qua dentro… L’internato altri non è se non un ex detenuto. Destinato alla casa lavoro, quindi ad un’ulteriore privazione della libertà, dopo aver espiato per intero la pena detentiva per cui era stato destinato per una violazione penale».


«È un po’ come dire: vado dal salumiere, pago per ciò che acquisto e quando mi ritrovo nel parcheggio in procinto di tornare a casa appare qualcuno che mi impone di pagare di nuovo per le stesse cose già acquistate», spiegano. «E la beffa è che dentro la casa lavoro, che avrebbe come fine il recupero, non c’è né lavoro né recupero: “Dove sono queste strutture, questi corsi formativi, questo lavoro? Dove li avete dimenticati? Pretendete forse da noi di cercarli nell’oziosità delle nostre giornate?. L’auspicio è che queste rimostranze riescano a scuotere le coscienze sociali affinché qualcuno si faccia portavoce delle nostre istanze, in modo che questa materia sia almeno posta all’attenzione del dibattito politico, con il fine preciso di rivederne il principio e l’applicazione i diritti dei più deboli non sono diritti deboli».


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