Fattore Umano | Un magistrato di sorveglianza “latitante”


Interrogazione parlamentare dell’On. Bernardini dopo la visita ispettiva nel carcere di Rimini. Dove si affollano “tossici” e stranieri, senza che ASL e magistrato preposto si facciano vivi. E lo stesso Comandante dice che una sezione «è come il Bronx»



La Casa Circondariale di Rimini


Il magistrato di sorveglianza? Da quando è in carica, non si è mai visto (per la cronaca è il Dott. Franco Raffa). Ma nemmeno i funzionari della ASL di riferimento si prendono la briga di fare le dovute ispezioni sulle condizioni igienico-sanitarie delle celle e di altri spazi per detenuti e agenti. Cose che capitano nella Casa Circondariale di Rimini, dove alcuni che dovrebbero sorvegliare e controllare, non controllano e non sorvegliano.



Nulla che riguardi il personale interno o la direzione dell’istituto. Ma così, non c’è da sorprendersi se perfino il comandante Fernando Picini definisce la prima sezione «un Bronx». Sono solo alcune cose che si scoprono leggendo l’interrogazione parlamentare rivolta al ministro Severino dall’On. Rita Bernardini, dopo la visita ispettiva dei giorni scorsi nel carcere riminese, accompagnata dall’Avv. Desi Bruno, Garante regionale dei diritti dei detenuti, da Irene Testa (Segretaria Associazione Il Detenuto Ignoto), Vincenzo Gallo (Consigliere comunale PD a Rimini), Ivan Innocenti (Associazione Luca Coscioni) e il radicale Filippo Vignali.


Le cifre crude parlano di un carcere dove tossicodipendenti ed extracomunitari rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione carceraria: «I detenuti presenti nell’istituto – si legge – sono 204 a fronte di 150 posti regolamentari disponibili; il 65% dei detenuti sono tossicodipendenti, il 70% stranieri in massima parte magrebini, albanesi e rumeni; i detenuti in attesa di primo giudizio sono 63, gli appellanti 25, i ricorrenti 21, i definitivi 77; i detenuti con posizione mista con una sentenza definitiva sono 11, mentre i detenuti con posizione mista senza definitivo sono 6; i semiliberi sono in tutto 6». Di tutti questi, però solo «20 detenuti lavorano a rotazione perlopiù impegnati in mansioni domestiche all’interno dell’istituto».


Insomma, tante anime perse, con pochissimi che possono fare di meglio che restare 20 ore al giorno in una cella sovraffollata. Gli agenti (143) sono il 40% in meno degli effettivi (102), con 6 educatori e 2 psicologi. Le richieste (le lamentele) dei detenuti sono quelle di sempre: poter lavorare, poter studiare, non vedersi piovere dal soffitto acqua sulla testa, avere i soldi per telefonare e avvisare i parenti che si è detenuti, o avvisare la famiglia che si verrà trasferiti (a San Vittore). Piccole cose, in apparenza, ma che diventano cose “impossibili” nel carcere romagnolo. Dove capita anche che venga negato di partecipare ai funerali della moglie.


Per tutto questo, ma non solo per questo (vedi sotto testo integrale dell’interrogazione), l’On. Bernardini chiede se si «intenda verificare l’operato della magistratura di sorveglianza in merito all’aderenza del suo operato a quanto prescritto dalla normativa riportata in premessa». Già, chi controlla chi deve controllare? Al neoministro Severino l’ardua risposta.


INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA


Al Ministro della Giustizia


Per sapere, premesso che


lo scorso 19 febbraio la prima firmataria del presente atto ha visitato la Casa Circondariale di Rimini accompagnata dal Garante regionale dei diritti dei detenuti Desi Bruno, da Irene Testa (Segretaria dell’Associazione Il Detenuto Ignoto), Vincenzo Gallo (Consigliere comunale del PD a Rimini), Ivan Innocenti (Associazione Luca Coscioni) e il radicale Filippo Vignali;

nell’ispezione la delegazione è stata guidata dal Comandante Fernando Picini;

I detenuti presenti nell’istituto sono 204 a fronte di 150 posti regolamentari disponibili; il 65% dei detenuti sono tossicodipendenti, il 70% stranieri in massima parte magrebini, albanesi e rumeni; i detenuti in attesa di primo giudizio sono 63, gli appellanti 25, i ricorrenti 21, i definitivi 77; i detenuti con posizione mista con una sentenza definitiva sono 11, mentre i detenuti con posizione mista senza definitivo sono 6; i semiliberi sono in tutto 6;

solo 20 detenuti lavorano a rotazione perlopiù impegnati in mansioni domestiche all’interno dell’istituto;

oltre alla sezione Andromeda dedicata a 16 detenuti tossicodipendenti, la Casa Circondariale di Rimini si articola nelle seguenti altre sezioni: la I sezione, completamente fatiscente e superaffollata, fuori da qualsiasi legalità costituzionale; la II sezione è chiusa da tempo nonostante sia stato già approvato e finanziato un progetto di ristrutturazione del valore di 200.000 euro; la III sezione (36 posti) è stata ristruttura recentemente; anche la IV sezione (30 posti) è stata ristrutturata da poco grazie alle economie realizzate con il rifacimento della V sezione (50 posti) che funge da sezione filtro per i detenuti tossicodipendenti “meritevoli” di essere trasferiti nella sezione Andromeda; esiste inoltre un progetto per costruire un padiglione penitenziario al posto del campo sportivo degli agenti: trattasi di terreno demaniale dotato di acqua, luce e altre infrastrutture che, secondo il comandante, consentirebbe un notevole risparmio;

dei 145 agenti previsti in pianta organica, gli effettivi sono 102 con il compito di occuparsi anche del nucleo traduzioni; gli educatori sono 6; gli psicologi sono due: uno si occupa di tutti i detenuti per 36 ore mensili, un altro, invece, si occupa della sezione attenuata (Andromeda); nell’istituto operano anche due mediatori culturali, uno per gli albanesi e l’altro per i magrebini;

quanto all’istruzione, le uniche scuole funzionanti sono quelle elementari e di alfabetizzazione;

il volontariato nell’istituto è poco attivo e si limita alla messa domenicale; lo stesso comandante ha espresso l’auspicio di una presenza maggiore;

in merito all’aspetto sanitario, c’è da rilevare che i medici sono pochi e per qualsiasi evento critico, anche il minimo, è prevista la visita ospedaliera; la notte non è prevista la guardia medica e la copertura dei turni va dalle 8 di mattina alle 22.00; come previsto, il personale è fornito dalla ASL, psichiatra e infettivologo compresi;

a domanda precisa sia tutti i detenuti interpellati nella I sezione, sia il Comandante hanno risposto che Il magistrato di sorveglianza di riferimento, il Dott. Franco Raffa, non ha mai visitato i luoghi di detenzione da quando ha assunto l’incarico; nemmeno i funzionari della Asl di riferimento hanno mai fatto le previste ispezioni per verificare le condizioni igienico-sanitarie delle celle e delle altre strutture frequentate dai detenuti e dagli agenti;

a seguito della dettagliata vista ispettiva alla I Sezione, definita dal comandante il Bronx, si segnalano le seguenti situazioni:

in quasi tutte le celle di 16 mq si trovano 6 detenuti che passano 20 ore chiusi, tolte le 4 ore d’aria; per un’altra ora al giorno hanno la possibilità di “socializzare”… in un’altra cella; per oltre il 90% si tratta di detenuti stranieri molto indigenti;

cella n. 12: vi sono ristretti 5 detenuti in due letti a castello a tre piani; si tratta di un bosniaco, un serbo, un rumeno e due marocchini; un detenuto ha lamentato il fatto di non aver ricevuto il sussidio per fare una telefonata ai familiari per avvertirli del suo stato di detenzione nel carcere di Rimini; un altro, invece, prega la delegazione di fare una telefonata alla moglie per avvisarla che l’indomani sarà trasferito a San Vittore;

cella n. 11: piove acqua dal soffitto dell’indecente gabinetto; il tunisino H. K. (Has Khalifa) vorrebbe frequentare la scuola media, ma nel carcere non c’è mentre lui vorrebbe utilizzare al meglio il residuo pena di 1 anno e 4 mesi; ha chiesto di andare in comunità ma per fare un colloquio con l’assistente sociale del Sert ha dovuto fare 42 giorni di sciopero della fame e il tutto si è risolto con un nulla di fatto; K M S (Kedidi Mohamedi Sahbi), condannato a tre anni in primo grado, sposato con un’italiana, chiede di poter lavorare; M. B. (Mahjou Bi Ammar) ha una condanna definitiva a 5 anni di reclusione (prima volta) e ha chiesto di andare in comunità per intraprendere un percorso riabilitativo; prima di essere arrestato aveva lavorato in regola come muratore; S. I. (Surdu Iulian), detenuto rumeno condannato a dieci mesi per il furto di 5 bottiglie di whisky; ha già pagato il biglietto per tornarsene in Romania, ma il tribunale ha rigettato l’istanza di rimpatrio;

sempre nella I sezione, la delegazione incontra un detenuto che da 7 mesi non sente i figli minori di 4,7,10 e 12 anni perché non ha i soldi per chiamarli, “solo una suora” –racconta- “mi ha dato il paio di pantaloni che indosso”; un altro detenuto che non fa colloqui né telefonate sussurra “qui puoi solo morire”;

a S. N. (Susic Nijaiz) gli mancano da scontare solo 5 mesi, ha chiesto di parlare con il magistrato di sorveglianza, ma da ottobre non l’ha mai visto; il 4 settembre del 2009 gli è stato anche negato il permesso di andare al funerale della moglie; ha due figli che stanno con la nonna;

A.A. (Antonio Arena) con fine pena nel 2016 ha presentato istanza al DAP per essere trasferito dal carcere di Rimini in un istituto vicino a Foggia dove vive la sua famiglia, ma non ha mai ricevuto risposta nonostante la richiesta sia stata avanzata più di un anno fa e che abbia una madre ottantottenne e una moglie con problemi psichiatrici; il detenuto fa colloqui solo ogni 4 o 5 mesi;

nonostante la drammatica situazione umana e civile che caratterizza la I sezione del carcere di Rimini, c’è anche chi in quella sezione vorrebbe rimanerci: è il caso di N. (Nasri), tunisino di 36 anni sposato con un’italiana e con due figlie; N. è stato assegnato al carcere di Asti, ma vorrebbe rimanere a Rimini perché la sua famiglia risiede in provincia di Ravenna; N. precisa di essere rientrato in Italia per costituirsi a Ravenna ma di essere stato “intercettato” a Domodossola e condotto a Asti;

il comandante ha molto insistito perché la delegazione visitasse le altre sezioni, in particolar modo la “Andromeda” che è il fiore all’occhiello dell’istituto; per motivi di tempo, purtroppo, non è stato possibile  alla delegazione farlo per la concomitanza dell’inizio di un convegno programmato nel pomeriggio dello stesso giorno della visita al carcere;

considerato altresì che:

l’art. 5 del  D.P.R . n. 230 del 30 giugno 2000 prevede che “Il magistrato di sorveglianza, nell’esercizio delle sue funzioni di vigilanza, assume, a mezzo di visite e di colloqui e, quando occorre, di visione di documenti, dirette informazioni sullo svolgimento dei vari servizi dell’istituto e sul trattamento dei detenuti e degli internati.”;

il 1° comma dell’art. 75 del  D.P.R . n. 230 del 30 giugno 2000 prevede altresì che “Il magistrato di sorveglianza, il provveditore regionale e il direttore dell’istituto, devono offrire la possibilità a tutti i detenuti e gli internati di entrare direttamente in contatto con loro. Ciò deve avvenire con periodici colloqui individuali, che devono essere particolarmente frequenti per il direttore. I predetti visitano con frequenza i locali dove si trovano i detenuti e gli internati, agevolando anche in tal modo la possibilità che questi si rivolgano individualmente ad essi per i necessari colloqui ovvero per presentare eventuali istanze o reclami orali. (…)”:-

se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se intenda intervenire per ridurre, fino a portarla a quella regolamentare, la popolazione detenuta nel carcere di Rimini;

se e quando intenda intervenire per colmare il deficit di organico della polizia penitenziaria e degli psicologi;

se intenda interloquire con la ASL di riferimento affinché sia assicurato il personale necessario per un’adeguata assistenza sanitaria ai detenuti;

se intenda intervenire per dotare il carcere di Rimini di scuole che vadano al di là delle elementari e dei corsi di alfabetizzazione;

se intenda chiudere immediatamente la I sezione prevedendo lo stanziamento necessario alla sua ristrutturazione;

quando verrà ristrutturata e riaperta la II sezione visto che è stato approvato e finanziato da tempo un progetto del valore di 200.000 euro;

se intenda incrementare i fondi relativi alle mercedi per il lavoro dei detenuti, quelli riguardanti i sussidi per i più indigenti, quelli per le attività trattamentali e, infine, quelli da destinare alla pulizia dell’istituto e, in particolare, delle celle;

in che modo intenda intervenire in merito ai casi singoli segnalati in premessa;

cosa intenda fare affinché sia rispettato il principio della territorializzazione della pena;

se abbia mai valutato o intenda valutare la possibilità di utilizzare tecnologie tipo Skype per ridurre il costo delle telefonate effettuate dai detenuti ai loro congiunti;

se intenda verificare l’operato della magistratura di sorveglianza in merito all’aderenza del suo operato a quanto prescritto dalla normativa riportata in premessa.


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