Fattore Umano | Corte di Strasburgo: cure garantite a tutti i detenuti


Dalla Seconda Sezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo un’altra condanna per l’Italia per «trattamenti disumani e degradanti»



Il palazzo della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo



«Le condizioni di detenzione che procurano un peggioramento della malattia di un detenuto costituiscono un trattamento disumano e degradante vietato dall’articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali: Nessuno può essere sottoposto a tortura nè a pene o trattamenti inumani o degradanti». Ecco – in sintesi – quanto emerge dalla sentenza del 7 febbraio (Cara-Damiani contro Italia, ndr.) dalla Corte europea di Strasburgo a seguito del ricorso del 13 dicembre 2004 di un detenuto italiano. Il ricorrente è Nicola Cara-Damiani, un sessantacinquenne entrato in carcere nel 1992. Affetto da paralisi agli arti inferiori, è costretto su una sedia a rotelle da 15 anni.




Nel 2003, a causa delle sue condizioni, Cara-Damiani viene trasferito da Bologna al carcere di Parma, struttura che gli poteva garantire il necessario programma di fisioterapia perché provvisto di una specifica unità per disabili. Una garanzia, però, che è rimasta solo sulla carta: il detenuto disabile finisce, infatti, in una “sezione ordinaria” nella quale non ha accesso ai servizi igienici, non può fare fisioterapia e non ha possibilità di movimento con la sedia a rotelle. L’unità per disabili – non funzionante per mancanza di fondi e con poco personale – è stata inaugurata solo nel 2005. Damiani vi rimane fino al 2008 (era arrivato a Parma nel 2003, ndr.) quando ottiene il ricovero in una clinica. Nel settembre 2010 però rientra in carcere, dove rimane fino al 23 novembre 2010.


Con questa decisione, la Corte di Strasburgo (che condanna l’Italia anche a versare alla parte lesa 10.000 euro di risarcimento, ndr.) ricorda a tutti gli stati Membri il principio fondamentale secondo cui essi hanno l’obbligo di assicurare che «tutti i carcerati siano detenuti in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana». Ma non solo: avendo riguardo per le esigenze “pratiche” della reclusione, devono garantire che «la salute dei carcerati sia salvaguardata in maniera adeguata» e che le cure in carcere siano «a un livello comparabile a quelle che lo Stato garantisce all’insieme della popolazione».


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